a cura di Armando Pepe
Pagina principale di riferimento: Le relazioni ad limina della Diocesi di Venafro
Nota del Curatore
Tra parentesi sono i termini temporali della prima e dell’ultima relazione di ogni vescovo. Non riporto scientemente le relazioni del 1623 e del 1631 poiché la prima è del tutto identica a quella del 1621 mentre la seconda a quella del 1628.
Ringrazio il signor marchese Guglielmo Guglielmi delle Rocchette per aver condiviso con me informazioni bibliografiche in merito alla famiglia Orsini, su cui sta conducendo uno studio.
FONTI
- Archivio Apostolico Vaticano, Congr. Concilio, Relat. Dioec. 858 "Venafro", 1 recto – 34 recto.
- Biblioteca Apostolica Vaticana, Codice Barberiniano-Latino 7603, 4 recto.
- Biblioteca Comunale di Venafro, Protocollo dell'anno 1627 del notaio Giovan Vincenzo Cannalonga, 246 recto.
SOMMARIO
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Introduzione
Intorno al 1588 Camilla Peretti1, sorella di papa Sisto V, acquistò dal Demanio regio il feudo di Venafro2, ereditato dal nipote Michele Peretti Damasceni3 nel 1605.
Michele Peretti Damasceni nacque dal gentiluomo romano Fabio Damasceni e da Maria Felice Mignucci Peretti (figlia di Camilla) e, data la condizione sociale, ebbe come precettore il poeta Torquato Tasso. Fu feudatario di Venafro fino al 4 febbraio 1631, quando morì a Roma probabilmente di peste.
Per più di mezzo secolo, dal 1581 al 1632 due furono i vescovi della Chiesa venafrana, suffraganea dell’arcidiocesi di Capua, Ladislao d’Aquino4 e Ottavio Orsini. Il profilo biografico del primo, redatto nel 1961 da Gaspare De Caro per il Dizionario Biografico degli Italiani , è accuratissimo mentre di monsignor Orsini non si ha una prosopografia organica.
Monsignor Ladislao d’Aquino nacque a Napoli nel 1546 da Francesco, signore di Roccabascerana, e Beatrice de Guevara. Consacrato sacerdote nel 1571, fu chierico di Camera di papa Pio V. Il 20 ottobre 1581, all’età di trentacinque anni, fu creato vescovo di Venafro da papa Gregorio XIII. Nel 1608 papa Paolo V gli affidò la nunziatura di Lucerna in Svizzera. Lasciata la nunziatura il 15 settembre 1613, riferì la sua esperienza nella Relazione della Nunziatura de’ Svizzeri (del 1613) e in una Informazione mandata dal signor cardinale d’Aquino a monsignor Feliciano vescovo di Foligno per il paese de’ Svizzeri e Grisoni (compilata successivamente al settembre 1616, mese in cui divenne cardinale). Dopo la nunziatura elvetica fu destinato a quella di Torino ma per il rifiuto oppostogli dal duca di Savoia Carlo Emanuele I, monsignor d’Aquino ricevette l’incarico di nunzio apostolico in Portogallo dove ancora una volta, per la salute malandata, non poté recarsi. Papa Paolo V nominò quindi monsignor d’Aquino governatore di Perugia, elevandolo alla dignità di cardinale il 19 settembre 1616. Gli storici sono discordi sulla data precisa della sua morte, collocabile tra l’otto e il 12 febbraio 1621.
Le relazioni di monsignor d’Aquino sono quattro e vanno dal 1597 al 1614 (negli anni 1597- 1601- 1606- 1614).
Monsignor Ottavio Orsini nacque nel 1583 da Girolamo e Laura Carducci. Il nonno paterno Paolo Orsini, che sposò Flaminia Bufalini di Città di Castello, era signore di Castel San Pietro e Striano in Sabina e discendeva dagli Orsini, già conti di Gallese (VT). Fu consacrato sacerdote il 1618 e ordinato vescovo di Venafro il 13 settembre 1621. Le date di nascita e di consacrazione sacerdotale, desumibili da Hierarchia Catholica5, non sono pienamente attendibili ma per ora non si hanno altre fonti disponibili più aggiornate. Il 20 dicembre 1624 monsignor Orsini scrisse al cardinale Francesco Barberini: "Illustrissimo e Reverendissimo Signor Padrone Colendissimo, Con quel più humile e devoto affetto che so e posso, accompagnato dalla memoria de gli oblighi che tengo con V.S. Ill/ma, vengo adesso ad augurarle felicissime e colme d'ogni più vera prosperità le vicine feste del Santissimo Natale. Sarà effetto della Singulare benignità di V.S. Ill/ma il degnarsi di gradire questo mio reverente ufficio mentre io con raccomandarmi nella felicissima protettione di V.S. Ill/ma la supplico dell'Honore de suoi comandamenti e le fo profondissima reverentia. Di Venafro alli XX di dicembre 1624.6". Evidentemente il cardinale Barberini, coltissimo e raffinato uomo di lettere, ai vertici della Roma barocca, aveva un ruolo di protettore nei confronti di monsignor Orsini. L’attività del vescovo ebbe tuttavia una battuta d’arresto in seguito a un presumibile attrito con il feudatario di Venafro, evento su cui lo storico Gaetano Moroni7 racconta nel Dizionario di erudizione storico- ecclesiastica che Monsignor Orsini soffrì de’ disgusti col principe di Venafro don Michele Peretti, che ottenne di far venire nella diocesi un vicario apostolico; così Urbano VIII prese l’espediente di traslare l’Orsini in Segni (FR) il 20 settembre 1632. Tuttavia i contrasti con la famiglia Peretti non pregiudicarono le carriere dei suoi fratelli: monsignor Paolo-, che rimarrà fino alla morte (1640) vescovo di Montalto nelle Marche-, Mario e Pierdonato. Questi ultimi due erano Cavalieri di Giustizia e gentiluomini di casa Peretti. Mario viveva presso l'abitazione romana di Michele Peretti, percependo un regolare stipendio, la cosiddetta "provvisione", mentre Pierdonato dimorava stabilmente presso Paolo Giordano Orsini, figlio di Flavia Peretti Damasceni. Monsignor Ottavio Orsini morì a Segni nel 1640.
Le relazioni di monsignor Orsini vanno dal 1621 al 1631 e sono quattro (scritte negli anni 1621- 1623- 1628- 1631).
Nella prima relazione ad limina della diocesi di Venafro , conservata in Archivio Apostolico Vaticano, monsignor Ladislao d’Aquino fa cenno a dei resoconti precedenti, di cui non c’è traccia, e pertanto comincia la narrazione quasi in medias res. Evidentemente ce n’erano delle altre prima ma per conseguenze non intenzionali non è possibile fare ricerca storiografica per gli anni anteriori al 1597. Mancando dati certi non sappiamo quale sia stata la prima relazione, comunque non antecedente al 1585, quando papa Sisto V ne rese obbligatoria l’estensione con la costituzione Romanus Pontifex. Come acutamente osservano Giovanni Romeo e Michele Mancino8 cosa dovessero scriverci [i vescovi nelle relazioni ad limina] non era chiaro: non c’erano schemi da seguire…Verso la fine del secolo [XVI] il modello di relazione si limita e descrivere le istituzioni diocesane, con vaghi accenni ai fedeli e al clero, ma anche ad aspetti importanti dei decreti conciliari, come l’indizione di sinodi e lo svolgimento delle visite pastorali. Per l’appunto nella relazione del 1614 monsignor d’Aquino ci ricorda che ogni anno, puntualmente, compiva una visita pastorale e, se si fosse trovato nell’impossibilità di farla, era sostituto dal vicario episcopale.
Monsignor Ottavio Orsini, nel 1628, accenna a un sinodo diocesano in cui, seguendo i dettami del Concilio di Trento, erano stati istituiti degli esaminatori, molto verosimilmente per un capillare controllo dottrinale dei parroci e stabilite le regole per la collazione dei benefici ecclesiastici. Entrambi i vescovi ci tenevano a far sapere che in diocesi non c’era il minimo sospetto di eresia e la vita scorreva placidamente. Anzi, quale sintomo evidente di una vivace attività culturale, dalla relazione del 1614 apprendiamo che a Venafro era presente una scuola grammaticale per l’istruzione di futuri sacerdoti. Per tutto il periodo preso in esame, che arriva al 1631, si parla esclusivamente di Venafro, sede episcopale e paese prevalente, a volte anche in modo dettagliato e con alcune concessioni all’aneddotica, e non s’incontra mai un’analisi minuziosa dell’intera diocesi. È soltanto monsignor Ottavio Orsini a evidenziare che dioecesis angusta est, nam undecim tantum castra et pagos continet , e gli undici paesi sono: Capriati , Caspoli , Ceppagna, Ciorlano, Conca , Filignano, Montaquila, Roccapipirozzi, Roccaravindola, Sesto , Venafro. Purtroppo della vita religiosa dei centri diocesani non v’è alcuna parola, ciò lascia ragionevolmente supporre che tutto ruotasse attorno a Venafro, cittadina in cui, data la posizione geografica, erano localizzati alcuni xenodochi (luoghi di accoglienza per pellegrini e viandanti) e ospedali per indigeni bisognosi e malati.
Nella penultima relazione monsignor Orsini scrive che il monastero delle monache non è del tutto costruito ma, per mezzo di un pio legato del defunto Cola Valletta, soltanto abbozzato. Lo storico venafrano Gennaro Morra, con un approfondito scavo archivistico, trovò tra le carte del notaio Vincenzo Cannalonga una disposizione-, impartita in data 6 novembre 1627 da monsignor Orsini al canonico Pasquino Valletta-, che recita: "Reverendo D. Pasquino Valletta, nepote et herede del quondam Cola Valletta, pagherete a Nicandro et Benedetto de Nicandro di questa Città di Venafro, docati cento et tre per il prezzo dell'horto et pagliaro murato fuora la porta de Jodice Guglielmi, iuxta gli suoi fini, pigliato de luoco per servitio et erettione dell'ecclesia et parte del monasterio di monache, che se funderà in conformità del legato de docati ottomila, lasciati in suo testamento da detto Vostro zio, pagandone de detti fratelli de Nicandro et gli restanti docati cinquantacinque alli creditori de detti fratelli de Nicandro, Vespasiano et Gratiano Musto et sua figlia, facendo le cautele de detti pagamenti con intervento delli baroni Coppa et Marotta deputati, che con resiconti ve si faranno buoni alla summa predetta de docati ottomila, ut supra legati. Di Venafri gli 6 Novembre 1627. Ottavio Vescovo di Venafro. (BCV, Protocollo dell'anno 1627 del notaio Giovan Vincenzo Cannalonga, foglio 246). Gettate le fondamenta si doveva tirar su la struttura grazie ai sussidi elargiti dagli eccellentissimi principi di Venafro. Evidentemente quindi, almeno fino al 1628 l’accennato contrasto tra il vescovo venafrano e il locale feudatario non si era ancora ancora materializzato. Quanto accortamente scrisse Franco Valente, in Almanacco del Molise 1975 (pagina 206), nel 1627 "mentre era principe di Venafro don Michele Peretti fu dato inizio al monastero di Santa Chiara con ottomila ducati lasciati in testamento da Nicolò Valletta. A tale somma fu unita l’eredità di Ippolita Valletta".
Traduzioni in italiano
Relazioni di Ladislao d’Aquino (1597-1614)
1597
Illustrissimi e reverendissimi signori,
Poiché negli anni scorsi con dovizia di particolari ho esposto alle signorie vostre illustrissime e reverendissime lo stato della Chiesa venafrana, al presente resta da dire che è stata istituita una prebenda teologale come il precedente triennio mi era stato vivamente raccomandato, cui sono stati uniti i frutti di un canonicato della chiesa cattedrale ultimamente rimasto vuoto. È stato deciso inoltre che il prebendato tenga lezioni teologiche e chiarisca i casi di coscienza non solo agli altri canonici ma anche ai parroci di Venafro. Rendo edotte le signorie vostre reverendissime che nella diocesi, nei mesi addietro, sono rimaste vacanti tre chiese parrocchiali e dato che il reddito di nessuna delle tre raggiunge la somma di trenta ducati annui, ancora non si riesce a trovare, a causa della tenuità dei frutti, un presbitero cui affidarle.
25 novembre 1597.
Umilissimo servo
Ladislao vescovo venafrano.
1601
Illustrissimi e reverendissimi Signori,
Nella chiesa cattedrale, come ampiamente riferito nelle antecedenti relazioni, esistono tre dignità ecclesiastiche, di cui la prima, su disposizione di un decreto pontificio, è un arcidiaconato e le altre due sono dei primiceriati; quindici sono i canonici, chiamati anche prebendati, e nove gli ebdomadari. I canonicati della cattedrale, per un’antica consuetudine suffragata da papa Clemente VII9, non sono conferiti se non a cittadini venafrani; per di più, prima che i canonicati diventino vacanti, i successori sono eletti dal capitolo della cattedrale per essere poi confermati dal vescovo con bolle e, nell’attesa, sono definiti aspettanti. Nel frattempo, prima di conseguire la prebenda, gli aspettanti servono nel coro della cattedrale e partecipano alle distribuzioni. Poiché, negli anni passati, furono eletti all’ufficio di aspettante perfino dei minorenni, scarsamente istruiti nelle funzioni, la Congregazione del Concilio ordinò che non si ammettessero al grado se non quelli che avessero ottenuto gli ordini sacri nel corso dell’anno e il vescovo osserva scrupolosamente il mandato.
26 gennaio 1601.
Umilissimo servo
Ladislao vescovo venafrano.
1606
Illustrissimi e reverendissimi signori della Sacra Congregazione del Concilio Tridentino,
Nella cattedrale venafrana ci sono diciotto canonici, che si chiamano prebendati, nel cui novero, per un antichissimo privilegio concesso da papa Clemente VII, si accolgono soltanto i cittadini di Venafro. Su mandato della Sacra Congregazione del Concilio la prebenda teologale è stata affidata al teologo dottor Cesare Citara. Costui, nei giorni di festa, tiene una lezione teologica all’intero clero. Oltre ai canonici, in cattedrale ci sono nove altri mansionari, pure loro impropriamente definiti canonici. I mansionari sono tenuti a cantare una messa conventuale e a servire all’altare maggiore, tuttavia poiché non hanno voce in capitolo né uno stallo nel coro mai sono stati presenti alle ore canoniche.
La chiesa cattedrale si trova fuori dalle mura della città; in estate per il troppo caldo, in inverno invece per l’eccessiva frigidità dell’aria, i canonici faticosamente possono recarsi due volte al giorno in cattedrale, per cui sono abituati a recitare le ore canoniche prima di pranzo. Tra i diciotto canonicati prebendati tre sono le dignità ecclesiastiche, cioè l’arcidiaconato, che è la prima, e due primiceriati. Inoltre nella cattedrale venafrana ci sono molti benefici talmente tenui che a malapena il loro reddito raggiunge il numero di tre o quattro ducati annui per ciascuno, e la gran parte dei benefici è di giuspatronato. Tra le altre cose, tanto in cattedrale quanto nelle chiese arcipretali durante i giorni festivi i bambini sono istruiti nella dottrina cristiana e, in città come nei suburbi, il popolo partecipa ai sacramenti con la massima devozione né vi è il minimo sospetto di eresia e ogni persona trascorre una vita morigerata secondo i dogmi evangelici.
19 aprile 1606.
Umilissimo servo
Ladislao vescovo venafrano.
1614
Illustrissimi e reverendissimi signori,
Benché negli anni passati abbia consegnato molte relazioni sullo stato della Chiesa venafrana, tuttavia voglio ora ricordare alle signorie vostre illustrissime che l’episcopato venafrano è sito in Campania, nella provincia ecclesiastica dell’arcivescovato capuano, di cui è suffraganeo.
La cattedrale, che si trova fuori dalle mura della città, ha una sacrestia copiosamente adornata. In detta chiesa prestano servizio diciotto canonici prebendati, tra cui vi sono delle dignità ecclesiastiche. In cattedrale al tempo dell’Avvento e della Quaresima si predica ogni giorno. Vi è anche un penitenziario, che è dottore in diritto canonico e maggiore di quarant’anni.
In diocesi, stante la povertà dei benefici ecclesiastici, non si è potuto erigere il seminario vescovile, secondo la forma del Concilio Tridentino; tuttavia è stata costruita una scuola di grammatica, cui sono stati devoluti alcuni benefici semplici.
Venafro è divisa in sei parrocchie, in cui nei giorni festivi i parroci predicano ai fedeli; nelle chiese è letta la dottrina cristiana, osservata diligentemente da tutti i parroci della diocesi. Non vi è in Venafro né in diocesi alcun convento di monache, ma in città ci sono i monasteri: a) di San Francesco dell’osservanza; b) di Sant’Agostino; c) dei frati Cappuccini; d) dei Celestini; e) dei Carmelitani.
Vi sono inoltre molte confraternite di laici e, soprattutto, quella del Santissimo Corpo di Cristo. Come residenza episcopale esiste ora in città un palazzo, che io ho fatto costruire di sana pianta. La diocesi non è molto ampia, ma ovunque risplende la singolare devozione del popolo. Una visita pastorale è eseguita annualmente da me o dal mio vicario e finora, grazie a Dio, le disposizioni del Sacro Concilio Tridentino sono state sempre rispettate.
24 febbraio 1614.
Umilissimo servo
Ladislao vescovo venafrano.
Relazioni di Ottavio Orsini (1621-1631)
1621
Illustrissimi e reverendissimi signori,
La chiesa cattedrale è dedicata alla Beata Maria Vergine e posta fuori le mura della città. Ha tre dignità ecclesiastiche, cioè l’arcidiaconato e due primiceri canonici. C’è in detta chiesa una prebenda teologale esercitata da un presbitero arcidiacono. La residenza vescovile si trova in città. Non vi sono altre chiese collegiate in Venafro né monasteri di monache ma soltanto cinque conventi di religiosi regolari.
Nella cattedrale venafrana c’è il corpo del Beato Nicandro martire da cui suole emanare la manna a gocce. In Venafro ci sono altre sei parrocchie e altrettante confraternite di laici, ciascuna con un proprio ospedale. La diocesi è piccola e contiene soltanto undici tra castelli e villaggi. Ho potuto raccogliere e riferire alle signorie vostre illustrissime e reverendissime solamente queste poche cose, data la mia assenza. Con l’aiuto divino visiterò compiutamente la diocesi e farò una relazione più fedele.
20 settembre 1621
Ottavio vescovo venafrano.
1628
Beatissimi Padri,
Nella città di Venafro e in tutta la sua diocesi non vi è alcun sospetto di eresia poiché tutti vivono cattolicamente. Il vescovo, per quanto è in suo potere, pone ogni cura affinché una pecora infetta, sia in città sia in diocesi, non corrompa quelle integre e sane. La Chiesa venafrana, da annoverare tra le piccole circoscrizioni vescovili, ha molte città vicine: Isernia, San Germano, Teano, Alife, sedi di diocesi finitime a essa. L’Abbazia di San Vincenzo10, che si trova vicino alla Chiesa venafrana, non appartiene a nessuna diocesi. La cattedrale, dedicata all’Assunzione della Beata Vergine Maria, dista da Venafro quasi cinquecento passi. La cura delle anime, nelle sei parrocchie, è esercitata con grande premura da sei sacerdoti, che portano la sacra comunione e l’estrema unzione agli infermi, prese da una comune chiesa sita nel mezzo della città. Nella predetta chiesa i parroci amministrano il battesimo poiché non vi è in città un altro fonte battesimale se non quello della cattedrale che, sorgendo fuori dalle mura ed essendo posta nei suburbi, non è comodamente raggiungibile. Nel sinodo diocesano, riunito dal vescovo, s’istituirono degli esaminatori, secondo la forma del Sacro Concilio Tridentino, i cui decreti sono osservati con precisione da tutti e particolarmente nella collazione dei benefici dei curati. Tutti i parroci sono tenuti ad avere un libro in cui annotare le persone che contraggono matrimonio e i loro genitori, in modo che i dettami del Concilio siano rispettati e il registro possa sempre testimoniare la verità. La parola di Dio e il Vangelo sono annunciati dai parroci nelle loro singole chiese nei giorni di domenica e soprattutto al tempo dell’Avvento e della Quaresima. Nella chiesa cattedrale, o in quella più comoda posta in città, specialmente nei predetti tempi dedicati al culto divino, si tiene una predicazione assidua e per l’intera diocesi sono inviati i predicatori. Nella città di Venafro oltre alla chiesa principale e alle parrocchiali ci sono differenti cappelle, di cui alcune sono amministrate da sacerdoti secolari altre invece da religiosi regolari. Ci sono inoltre vari monasteri di ordini religiosi maschili: dei Francescani, degli Agostiniani, dei Carmelitani, dei frati Cappuccini e dei Celestini. Nel convento dei Celestini abita soltanto un sacerdote. Il monastero delle monache non è del tutto costruito ma, per mezzo di un pio legato di un defunto, soltanto abbozzato. Gettate le fondamenta si deve tirar su la struttura grazie ai sussidi elargiti dagli eccellentissimi principi di Venafro .
Il vescovo visita le confraternite dei laici personalmente o tramite il proprio vicario e fa in modo che i loro redditi siano distribuiti in modo pio e secondo il canone e nulla sia volto a uso privato. Regolarmente le costituzioni delle confraternite sono rivisitate massime in quelle cose in cui si tratta del culto divino. Il vescovo ispeziona spesso l’intera diocesi e durante le visite pastorali impone che siano rispettati i decreti del Concilio Tridentino. Ai curati è espressamente ordinato di custodire oltre al libro dei matrimoni anche quello dei battezzati e di conservare inoltre anche il catalogo di tutte le anime esistenti, tanto di quelle che ricevono la comunione quanto dei più piccoli . Contro i parroci trasgressori dapprima è usata la correzione fraterna, poi si procede con le pene imposte dai sacri canoni. In questi libri i parroci annotano il giorno di nascita e di morte di ciascuna persona in modo che il vescovo sia pienamente informato su tutti i fedeli . Tutti i parroci hanno il libro dei confermati.
Il vescovo costantemente visita gli ospedali dell’Annunziata, della Madonna del Rosario, di Sant’Antonio da Padova e di San Nicola da Tolentino, in cui ci sono sempre i malati; uomini negli ospizi dell’Annunziata, del Rosario e di San Nicola, donne in quello di Sant’Antonio. In tutti gli ospedali mancano le cure corporali e spirituali. I parroci, sotto la cui giurisdizione ecclesiastica si trovano i predetti ospedali, al primo ingresso di ciascun infermo ascoltano la sua confessione. In detti ospedali ci sono anche dei sacerdoti che ricordano assiduamente agli inservienti di comportarsi con la massima attenzione nei confronti degli ammalati.
In merito alle restanti cose, altre volte ho reso edotte le vostre signorie illustrissime e reverendissime.
24 novembre 1628
Umilissimo servo,
Ottavio vescovo venafrano.
Documenti in versione originale
Relazioni di Ladislao d’Aquino (1597-1614)
1597
[fol.1r]
Illustrissimi et Reverendissimi Domini,
Cum annis elapsis satis abunde exposuerim Dominis Vestris Illustrissimis et Reverendissimis statum ecclesiae Venafranae, superest tam modo in praesenti dicendum, quod iam fuit erecta praebenda theologalis, sicut triennio proximo elapso fuerat mihi demandatum, cui praebendae fuerunt aggregati fructus canonicatus ecclesiae cathedralis ultimo loco vacati, atque obtinenti dictam praebendam id amplius oneris constitutum est, ut non solum Canonicis, sed et Parochis civitatis lectiones et casus conscientiae perlegat. Hoc et mihi occurrit significandum Dominis Vestris Illustrissimis quod in dioecesi iam diu vacarunt in mensibus reservatis Sanctissimo Domino Nostro tres parochiales ecclesiae, et cum nulla illarum ascendat ad summam triginta ducatorum illius monetae, nemo adhuc reperitur, qui Romam petat, ob impetrandam illarum aliquam, aiunt, tenuitatem fructuum non morari expensas qui fiunt pro expeditione literarum apostolicarum. Idcirco si Dominis Vestris Illustrissimis visum fuerit mihi mandare, ut illas conferam idoneis, ero paratissimus, eorum iustis parere, ut debeo, et opto, et Deus Optimus Maximus Dominos Vestros Illustrissimos incolumes diutius custodiat.
Die XXV Novembris 1597.
Humillimus servus
Ladislaus Episcopus Venafranus
1601
[fol. 4r]
Illustrissimi et Reverendissimi Domini,
In ecclesia cathedrali, ut in aliis relationibus abunde satis expresso, adsunt tres dignitates, quarum prima, post pontificalem decretum, est Archidiaconatus, duo Primiceriatus, quindecem canonici qui et Praebendati appellantur, ac novem hebdomadarii. [fol. 5r] Canonicatus cathedralis ex antiqua consuetudine a Clemente VII confirmata non conferuntur nisi Civibus Venafranis; immo antequam vacent, a Capitulo solent eligi, et ab Episcopo per bullas confirmari hi, qui Canonicatum obtinentibus successuri sunt, qui expectantes appellantur, et potior tempore praebendam postea primo vacantem consequitur; interim hi expectantes inserviunt Choro, et distributionum participes sunt. Sed quia annis elapsis expectantes eligebantur minores, et in sacris minime constituti, Congregatio iussit, ne de cetero admitterentur, qui non essent in tali aetate, ut intra annum possent suscipere ordines requisitos, quod quidem observat Episcopus.
Die XXVI Ianuarii 1601.
Humillimus servus
Ladislaus Episcopus Venafranus
1606
[fol. 9r]
Illustrissimi et reverendissimi Domini Sacrae Congregationis Tridentini Concilii,
In Venafrana Ecclesia cathedrali sunt duodeviginti Canonici, qui praebendati dicuntur, in quorum numero, antiquissimo a Clemente VII Pontefice Maximo concesso privilegio tantum Cives Venafri adsciscuntur. Sacra Congregatione Concilii mandato theologalis praebenda Caesari Cytharae Doctori theologo fuit collata. Hic diebus festivis in cathedrali ecclesia universo audiente Clero theologicam habet lectionem. [fol. 9v] Praeter hos sunt novem alii Mansionarii, qui et Canonici improprio appellantur vocabulo. Tenentur autem hi conventualem missam decantare, et maiori altari inservire sed quoniam nec in Capitulo vocem, nec stallum habent in Choro nunquam Canonicis horis interfuere. Cathedralis ecclesia extra urbis moenia est posita; aestate propter nimium aestum, hieme vero ob nimiam aeris frigiditatem, Canonici male in eum locum bis in die possunt accedere, quare ante prandium Canonicas horas recitare consuescunt. [fol. 10r] Inter decem et octo praebendatos Canonicatus tres adsunt dignitates, Archidiaconatus scilicet quae est prima dignitas, et Primiceriatus duo.
Sunt etiam in Venafrana Ecclesia cathedrali multa beneficia adeo tenuia, ut vix ad trium vel quatuor ducatorum numerum ascendant quorum pars maior de iure patronatus est. [fol. 10v] Coeterum tam in Cathedrali quam in Archipresbiteralibus Ecclesiis festivis diebus Christrianam doctrinam docentur pueri, et in urbe, et in suburbiis enixe devoteque populus sacramenta frequentat, nec haereseos ulla vel minima quidem adest in Civitate suspicio, sed quilibet secundum Evangelica dogmata vitam degit Christianam.
XIX aprilis 1606.
Humillimus Servus
Ladislaus Episcopus Venafranus
1614
[fol. 19 r]
Illustrissimi et Reverendissimi Domini,
Licet annis praeteritis multas de statu Ecclesiae Venafranae relationes dederim, volo tamen breviter deducere in memoriam Dominis Vestris Illustrissimis quod Episcopatus Venafranus situs est in Campania, in provincia Archiepiscopatus Capuani, cuius est suffraganeus.
Ecclesia Cathedralis extat extra moenia Civitatis, in qua adest Sacristia abunde exornata. Inserviunt dictae Ecclesiae decem et octo Canonici, qui praebendati appellantur, inter quos sunt dignitates.
In cathedrali vero tempore Adventus et Quadragesimae concionatur quotidie.
Adest etiam poenitentiarius, qui est Doctor in iure Canonico, et maior quadraginta annis. [fol. 19 v] Seminarium, stante tenuitate et paupertate beneficiorum, erigi non potuit, iuxta formam Concilii Tridentini; erecta tamen est Schola Grammaticalis, cui sunt applicata non nulla beneficia simplicia.
Civitas divisa est in sex Parochias, ubi Parochi semper diebus festivis populo concionantur, et recitatur Doctrina Christiana, quod etiam observatur a Parochis Dioecesis.
Nullum nec in Civitate nec in Dioecesi adest Monasterium Monialium, sed in civitate adsunt Monasteria S. Francisci Minorum de observantia, S. Augustini, Capucinorum, Coelestinorum, et Carmelitanorum. Adsunt etiam multae Confraternitates laicorum et, praesertim, Sanctissimi Corporis Christi. Pro servitio Episcopi intra Civitatem adest Palatium a me de novo constructum. Dioecesis non est satis ampla, ubique tamen, et in Civitate, elucescit singularis Populi devotio, cum frequenti sacramentorum usu, et divini cultus [fol. 20r] observantia. Visitatio quot annis fit vel per me, vel per meum Vicarium, et hactenus Dei beneficio mandata Sacri Concilii Tridentini executa fuerunt.
XXIV februarii 1614.
Humillimus Servus
Ladislaus Episcopus Venafranus
Relazioni di Ottavio Orsini (1621-1631)
1621
[fol. 25 r]
Illustrissimi ac Reverendissimi Domini,
Cathedralis Ecclesiae Beatae Mariae Virgini dicata est, positaque extra moenia dictae Civitatis. Habet tres dignitates, videlicet Archiadiaconatum et duos Primicerios Canonicos. Adest in dicta Ecclesia Praebenda Theologalis exercita per presbyterum Archidiaconum. Domus Episcopalis est intra Civitatem. Non sunt aliae Ecclesiae Collegiatae in dicta Civitate neque Monasteria Monialium sed tantum quinque Conventus Regularium.[fol. 25v] In cathedrali venafrana adest corpus Beati Nicandri Martyris, a quo manna guttatim emanare solet. Sunt etiam sex Parrochiae, et totidem Confraternitates Laicorum, et earum quaelibet habet suum hospitale.
Dioecesis angusta est, nam undecim tantum castra et pagos continet. Et haec pauca, tantum absens, colligere potui, ac ad Illustrissimos et Reverendissimos Dominos Vestros, iuxta Constitutionem felicis recordationis Sixti Quinti, referre. Cum adiuto Ecclesiam Divino visitabo copiose ac magis certam (Deo adiuvante) relationem faciam.
Die XX 7bres 1621
Octavius Episcopus Venafranus
1628
[fol. 33r]
Beatissimi Patres,
In Civitate Venafrana et tota eius Dioecesis nulla haeresis suspicio est cum omnes catholice vivant. Episcopus, quantum in eo est, omnem curam adhibet, ne morbosa aliqua ovis, tam in Civitate, quam in Dioecesi, sanas, integrasque, corrumpat. Dioecesis Venafrana, quae inter parvas censenda est, multas habet vicinas urbes, Iserniam, Sanctum Germanum, Teanum, Alifam, et Abbatiam Sancti Vincentii, nullius Dioecesis, quae huic finitimae sunt Dioecesi. A Venafrana urbe prope quingentis passibus longe distat Ecclesia cathedralis dicata Assumptioni Beatae Mariae Virginis. Animarum cura in sex Parochialibus ecclesiis exercetur cum magna cura ab sex Parochis, qui sacram Communionem et Untionem extremam ad infirmos deferunt ex communi ecclesia in medium Civitatis sita, ibidemque Baptismum administrant cum alibi fons Baptismali in Urbe non sit praeter quem in Cathedrali, quo propter loci distantiam, cum extra Civitatis moenia et illius suburbiis posita sit, non commodus est aditus. In diocesana synodo, ab episcopo congregata, constituti fuerunt examinatores iuxta formam Sacri Concilii Tridentini, cuius decreta ab omnibus ad amussim observantur, et praesertim [fol. 33v] in collatione beneficiorum Curatorum. Omnes Parrochi tenentur habere librum, in quo notentur ii, qui Matrimonium contrahunt, parentesque eorum, ut ita Conciulium satisfiat, liberque iste semper veritatem testari possit. Verbum Dei et Evangelium declarantur a Parrochis in eorum ecclesiis singulis diebus Dominicis et praesertim tempore Adventus et Quatragesimae. In ecclesia autem Cathedrali, seu alia commodiore intra Civitatem infra annum dictis temporibus specialiter Deo dicatis praedicatio assidua habetur, per totamque Dioecesim distribuuntur Praedicatores. In Civitate praeter principalem Ecclesiam, et Parrochiales, sunt multae aliae ecclesiae, quarum aliquae a Sacerdotibus secularibus, aliaeque a Regularibus administrantur. Sunt Monasteria diversa ordinum Religiosorum hominum: Franciscanorum, Augustinianorum, Carmelitanorum, Capuccinorum et Coelestinorum. In Monasterio Coelestino tantum sacerdos inhabitat. Monialium Monasterium erectum non plane adest sed tantum, pio cuiusdam defuncti legato, inchoatum. Fundamentis iactis, tollitur structura Excellentissimorum Principuum Civitatis subsidiis. Laicorum Confraternitates Episcopus per se vel suum Vicarium visitat, operamque dat ut eorum reditus pie et canonice distribuantur, nihilque in usus particulares convertatur. Certis temporum intervallis constitutiones Confraternitatum revisuntur praesertim in hiis rebus in quibus agitur de Dei cultu. Totam Dioecesim saepe Episcopus invisit per se ipsum et in Visitationibus [f. 34r] dat praeceptum ut decreta Concilii Tridentini observentur. Curatis expresse mandatur ut praeter librum Matrimoniorum habeant etiam apud se librum Baptizatorum et praeterea Cathalogum apud se teneant omnium Animarum existentium, tam earum quae communionem recipiunt quam minorum. Contra transgressores attamen primum fraterna correctio adhibetur, deinde cum poenis a Sacris Canonibus impositis proceditur. In iisdem libris Parrochi adnotant diem nativitatis et mortis uniuscuiusque sub suum cura Parrochiali existentis ut Pastor plenam habeat omnium suarum ovium notitiam. Omnesque Parrochi habent librum Confirmatorum.
Hospitalia Annuntiationis, Deiparae Rosarii, Sancti Antonii de Padua, et S. Nicolai de Tolentino Episcopus constanter visitat, in quibus semper sunt infirmi; viri quidem in hospitiis Annuntiationis, Rosarii et Sancti Nicolai, feminae vero in Sancto Antonio. In omnibus destituunt curae corporales et spirituales. Parrochi, sub quorum ecclesiis Hospitalia sita sunt, in primo ingressu alicuius infirmi audiunt eius confessionem. Adsunt et Ministri qui assudue admonentur ut infirmis ipsis deservientes cum charitate se gerant.
De coeteris alias Dominos Vestros Illustrissimos et Reverendissimos docuit.
Die 24 9bris 1628
Humillimus servus
Octavius Episcopus Venafranus.
Riferimenti bibliografici
- Luigi Donvito, Società meridionale e istituzioni ecclesiastiche nel Cinque e Seicento, Franco Angeli, Milano 1987.
- Maurizio Fagiolo Dell'Arco, Pietro da Cortona e i cortoneschi: Gimignani, Romanelli, Baldi, il Borgognone, Ferri, Skira, Milano 2001.
- Marc Fumaroli, L' età dell'eloquenza: retorica e res literaria dal Rinascimento alle soglie dell'epoca classica, Adelphi, Milano 2002.
- Eugenio Gamurrini, Istoria genealogica delle famiglie nobili toscane et umbre, Forni, Bologna 1972, volume II, pp. 196-199. (Ripr. facs. dell'ed.: stamperia di Francesco Onofri, In Fiorenza 1668-1685).
- Pompeo Litta, Famiglie celebri italiane Torino, Basadonna, Milano 1839.
- Gennaro Morra, Un vescovo riformatore di Venafro: Andrea Matteo Acquaviva D'Aragona (1558-1573), estratto da Campania sacra: studi e documenti, n. 13-14 (1982-1983), pp. 106- 148.
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Hinc felix illa Campania est, ab hoc sinu incipiunt vitiferi colles et temulentia nobilis suco per omnis terras incluto, atque (ut vetere dixere) summum Liberi Patris cum Cerere certamen. Hinc Setini et Caecubi protenduntur agri. His iunguntur Falerni, Caleni. Dein consurgunt Massici, Gaurani, Surrentinique montes. Ibi Leburini campi sternuntur et in delicias alicae politur messis. Haec litora fontibus calidis rigantur, praeterque cetera in toto mari conchylio et pisce nobili adnotantur. Nusquam generosior oleae liquor est, hoc quoque certamen humanae voluptatis. Tenuere Osci, Graeci, Umbri, Tusci, Campani.
[Plinius Sen., "Nat. Hist." III, 60]
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