Dizionario storico delle scienze naturali a Napoli dal Rinascimento all’Illuminismo
Teodoro Monticelli (Brindisi 5 ottobre 1759 – Pozzuoli 5 ottobre 1845), figura di spicco della comunità scientifica napoletana del primo Ottocento, è stato un naturalista, geologo e vulcanologo.
Cenni biografici
Teodoro Monticelli nasce a Brindisi il 5 ottobre 1759 da famiglia illustre: il padre è Francesco Antonio, barone di Nicoletta e di Cerreto, la madre è Eleonora dei conti Sala. Secondo le convenzioni dell’epoca, non essendo il primogenito, Teodoro viene iniziato alla carriera ecclesiastica. A Lecce studia lettere presso i Padri delle Scuole Pie e scienze presso i Frati Celestini, dove prende l’abito talare; completa poi la sua preparazione nel Collegio di Sant’Eusebio a Roma. Terminati gli studi, ritorna a Lecce nel 1782 come insegnante di matematica e filosofia; tre anni dopo si trasferisce a Napoli, dove viene chiamato a insegnare Storia ecclesiastica, poi Etica morale e religiosa nella Regia Università.
Attratto dalle idee liberali e dai valori democratici, frequenta l’Accademia di chimica di Carlo Lauberg e Annibale Giordano, dove scienza e rivoluzione si fondono. È in questa scuola che si pianifica la congiura giacobina del 1794, in seguito alla quale, Monticelli viene “avvolto in un turbine politico” (Ceva Grimaldi, 1845), catturato e, dopo il processo, rinchiuso nel 1796 nel terribile carcere di Castel S. Elmo. Dopo tre anni, viene trasferito nella torre dell’isola di Favignana in Sicilia, dove avrebbe dovuto passare altri dieci anni di reclusione. Rifiuta i tentativi organizzati per farlo fuggire e viene poi liberato in seguito al trattato di Firenze nel 1801.
Si stabilisce in un primo momento a Roma, dove diviene abate (1805) e successivamente, nel 1806, ritorna in via definitiva a Napoli. Qui riceve l’incarico di dirigere il Collegio del Gesù Vecchio e nel 1808 la prestigiosa nomina a segretario della Reale Accademia delle Scienze di Napoli, una carica che manterrà per tutta la vita, insieme alla cattedra di Etica all’Università.
È da questo periodo che comincia il suo interesse per il Vesuvio che diverrà predominante; studia mineralogia con Vincenzo Ramondini, direttore del Real Museo Mineralogico di Napoli, e con il mineralista Carlo Gismondi, che aveva conosciuto a Roma. Nello stesso tempo, allestisce presso la sua abitazione, un ricco museo geopaleontologico.
Nel 1845, le sue condizioni di salute, sempre piuttosto malferme, si aggravano e si ritira a Pozzuoli, dove si spegne il 5 ottobre, giorno del suo ottantasettesimo compleanno.
Contributo alle scienze naturali in Napoli
Fin dal suo primo arrivo a Napoli, Monticelli partecipa attivamente alla vita culturale della città ed è ben inserito nei circoli intellettuali, frequentando tra gli altri, Francesco Maria Pagano, Francesco Conforti e Domenico Cirillo. Attratto dalle nuove idee liberali che circolano in Europa, frequenta l’Accademia di chimica di Carlo Lauberg, che è anche un circolo giacobino, coniugando insieme attività scientifica e impegno politico.
I primi lavori di Monticelli sono di “pubblica economia”; su incarico affidatogli dal governo, prepara nel 1792 un Catechismo di agricoltura pratica, e di pastorizia per la pubblica istruzione de' contadini del Regno di Napoli. Non riesce tuttavia a godere del plauso e del beneficio economico suscitato da quest’opera, in quanto subisce l’arresto in seguito ai turbinosi eventi della congiura giacobina del 1794 e per la sua simpatia per gli ideali liberali e rivoluzionari.
Gli anni della prigionia a Favignana gli offrono l’occasione di occuparsi di apicoltura e di spiegare nel suo Del trattamento delle api in Favignana, il modo eccellente e proficuo in cui veniva praticata sull’isola, “un sasso calcareo nudo e sterile” reso fecondo dall’impegno e dall’abilità degli abitanti.
Al rientro a Napoli, prepara Sull’economia delle acque da ristabilirsi nel Regno di Napoli, che legge all’Accademia delle scienze nel 1809: una riflessione sulla gestione del territorio, sulle conseguenze nefaste delle deforestazioni e dei dissodamenti, un testo che potremmo definire oggi di tutela dell’ambiente.
Ben presto comincia a crescere in Monticelli la passione e l’interesse geologico e mineralogico, con particolare attenzione al Vesuvio, di cui diventerà un attento e acuto studioso.
L’osservazione sistematica dell’eruzione vesuviana del 1813 sfocia nella pubblicazione nel 1815 della Descrizione dell’eruzione del Vesuvio avvenuta ne’ giorni 25 e 26 dicembre dell’anno 1813, dove Monticelli comincia ad analizzare i depositi di caduta. “Gioverà avvertire, che gli strati delle materie incoerenti rigettate in alto dal Vesuvio conservano sempre la stessa forma, e la figura del suolo, su cui cadono, e parallelamente a questo in strati si dispongono; talché covrono egualmente le convessità, che i punti concavi e i piani, ne modo istesso che fa la neve quando cade. (…) Quest’unica osservazione è sufficiente a spiegare la stratificazione delle pomici, e delle ceneri, che da taluno non si sa concepire senza l’opera delle acque. Basta aver veduto eruzioni vulcaniche, o immaginarle come succedono per essere pienamente convinto che le materie incoerenti rigettate in alto dai vulcani debbono formar strati, e strati paralleli al suolo, su cui cadono”. (Monticelli, pp. 28-29).
Particolarmente rilevante, per la ricchezza di idee e per l’accuratezza delle osservazioni, è l’opera scritta con il chimico e mineralista Nicola Covelli sull’eruzione del 1822: Storia de’ fenomeni del Vesuvio avvenuti negli anni 1821, 1822 e parte del 1823, con osservazioni ed esperimenti. In questo lavoro, viene introdotto per la prima volta il termine “parossismo” per indicare la fase più violenta dell’esplosione e viene individuata una relazione inversa tra la violenza dei parossismi e la loro durata. Gli autori analizzano i fenomeni eruttivi, descrivendo dettagliatamente i loro prodotti, studiando la composizione chimica delle lave, determinandone la struttura mineralogica, la densità e la durezza. Vengono qui formulate le due leggi dei prodotti piroclastici da caduta, che possiamo chiamare “legge di uguaglianza dello spessore” dei prodotti alla stessa distanza dal cratere e “legge del decremento esponenziale”, secondo la quale la densità dei prodotti diminuisce secondo una legge esponenziale in confronto con la distanza dal condotto eruttivo (Nazzaro - De Gregorio, p. 415).
Monticelli spiega inoltre che: “I caratteri comuni a tutti questi strati sono i seguenti: a) essi non alterano la forma del suolo; ne seguono tutti gli ondeggiamenti…(…) b) La loro spessezza segue la ragione inversa delle distanze dal centro di projezione; vale a dire, è massima nelle vicinanze del cratere, minima su l’estremo del raggio. c) La grandezza e’l peso della grana, o de’ rottami di ciascuno strato, segue ancora l’inversa delle distanze dal centro di projezione; è massima cioè verso il cratere, minima su l’estremo del raggio”. (Monticelli-Covelli, 1823, pp. 130-131).
Sempre con la collaborazione di Nicola Covelli, pubblica nel 1825 il Prodromo della mineralogia vesuviana, dove vengono raccolte e descritte tutte le specie di minerali del Vesuvio, di cui molte ancora non conosciute dalla comunità scientifica, come il tafelspat.
Accanto al lavoro di osservazione, Monticelli si dedica alla raccolta di minerali, rocce e fossili che conserva nella sua abitazione. Ben presto questa ricca collezione assume la fisionomia di un vero e proprio museo geopaleontologico, aperto al pubblico e visitato dagli studiosi che arrivano in città. Collezionando i diversi generi di prodotti vulcanici, non solo vesuviani, Monticelli incrementa la sua raccolta ed effettua scambi e vendite ai collezionisti e ai musei. Tra questi, prepara una spedizione di 2000 saggi di minerali del Vesuvio, su richiesta del governo inglese, acquistati per il British Museum (Monticelli e Covelli, 1823). Di nuovo a Londra, troviamo in seguito lo zoologo Giosuè Sangiovanni che si occupa, come scrive in una lettera dell’aprile 1830, “dell’affare dei minerali”, ossia la vendita di una grande raccolta di Monticelli composta da circa 800 saggi, tra cui pietre del Vesuvio, mosaici di Sicilia e 14 corniole.
Fino alla sua morte, questo museo, sistemato nel quattrocentesco Palazzo Penne nel cuore di Napoli, acquistato da Monticelli nel 1823, godrà di grande fama e rappresenterà un forte richiamo per i naturalisti viaggiatori. Il desiderio di Monticelli era quello di fornire un contributo per i progressi della mineralogia e vulcanologia, ma soprattutto quello di realizzare una struttura che fosse fruibile da un vasto pubblico.
Alla sua morte, le sue ricche collezioni vengono vendute dagli eredi all’Università di Napoli nel 1851, al costo di 3500 ducati e in parte acquistate dall’Osservatorio Vesuviano. Si tratta di circa 6600 campioni saggi, di cui 2560 cristalli di rara dimensione e bellezza, arricchiti da rocce, lave e ceneri insieme ai prodotti di sublimazione raccolti nelle fumarole del Vesuvio. Vanno ricordate anche le 1400 specie minerali di altri vulcani, in modo particolare delle Azzorre, Islanda e Sardegna.
Altrettanto ricca e importante la sezione geopaleontologica, che comprende esemplari significativi della geologia del Regno, come le conchiglie fossili di Ischia, oltre che resti di mammiferi di grandi dimensioni.
La sua abitazione è anche un vero e proprio istituto di ricerca, con un laboratorio di chimica, dotato di tutti gli strumenti per l’analisi mineralogica; un luogo d’incontro degli amici e dei migliori ingegni di Napoli, come Nicola Covelli, Michele Tenore e Arcangelo Scacchi, che discutono di scienza ma anche talvolta di politica.
Impatto nel contesto italiano ed europeo ed eredità intellettuale
“Chi può esprimere, in questo momento, la folla di tante e diverse scene che d’ogni dove colpivano i sensi! Come rappresentare l’effetto che tante piramidi rovesciate, di ardenti rocce e di rovente sabbia composte, producevano nell’aria! Migliaia di sassi infuocati si elevavano in ogn’istante a diverse altezze, con sorprendente velocità e continuato rumore; si urtavano fra di loro con fragore nell’alto del cielo, e in una nube di fuoco andavano tutti a confondersi (…) L’incendio in somma pareva universale; la cima accesa del monte, nelle più alte regioni del cielo i suoi getti infiammati sempre più spingeva; l’aria era ingombra di faville di fuoco, e l’orizzonte intero di vivissima luce dapertutto scintillava”. (Monticelli e Covelli, 1823, pp. 75-76)
Monticelli può essere annoverato tra i più importanti scienziati del suo tempo, con un ruolo autorevole nella storia della geologia e della vulcanologia, anche per la sua carica di segretario perpetuo della Reale Accademia delle Scienze di Napoli.
Al centro di una rete internazionale di rapporti e contatti, egli è un punto di riferimento importante nella vita scientifica a Napoli per tutti gli studiosi stranieri che arrivavano e che non mancavano mai di incontrarlo e confrontarsi con lui. Tra i tanti, solo per citarne alcuni, possiamo ricordare Alexander von Humboldt, Leopold von Buch, William Buckland, William Herschel, Humphry Davy, Charles Lyell e il futuro re di Danimarca Cristiano VIII.
Ricchissima la sua corrispondenza che testimonia questa straordinaria rete di relazioni e contatti internazionali.
Come scriverà Humprhy Davy nel marzo del 1820, dopo aver lasciato Napoli, nel ringraziare Monticelli: “le cose che hai fatto per me e le cose che abbiamo fatto insieme non le dimenticherò mai”.
Monticelli non solo accoglie gli scienziati accompagnandoli in escursioni al Vesuvio, mostrando poi loro la sua ricca collezione di lave e minerali vesuviani, ma coinvolge anche i visitatori nella vita accademica della città. Egli convince, per esempio, il matematico inglese Charles Babbage a Napoli nel 1828 di far parte di una commissione per lo studio idrogeologico di Ischia. Un’analisi avviata anni prima dal naturalista catalano Carlos de Gimbernat, durante il suo soggiorno napoletano nel 1818-1821, sui poteri curativi delle acque termali dell’isola.
Tanti i riconoscimenti e le onorificenze; Monticelli fu membro di numerose società e accademie italiane e straniere, tra cui il Muséum d’Histoire Naturelle di Parigi, la Geological Society di Londra, la Società mineralogica di San Pietroburgo e di Dresda, l’Accademia di storia naturale di Berlino. Ricoprì anche la carica Rettore dell’Università di Napoli nell’anno accademico 1826-27.
Bibliografia
Opere di Teodoro Monticelli
- Catechismo di agricoltura pratica, e di pastorizia per la pubblica istruzione de' contadini del Regno di Napoli, presso Amato Cons, Napoli, 1792
- Del trattamento delle api in Favignana, Napoli, Vincenzo Orsino, 1807
- Sull’economia delle acque da ristabilirsi nel Regno di Napoli, letta all’Accademia delle scienze nel 1809, Stamperia Reale, Napoli, 1809
- Descrizione dell’eruzione del Vesuvio avvenuta ne’ giorni 25 e 26 dicembre dell’anno 1813, Stamperia del Monitore delle Due Sicilie, Napoli, 1815
- con Nicola Covelli, Storia de’ fenomeni del Vesuvio avvenuti negli anni 1821, 1822 e parte del 1823, con osservazioni ed esperimenti, Gabinetto Bibliografico e Tipografico, Napoli, 1823
- con Nicola Covelli, Prodromo della mineralogia vesuviana, voll. 1-2, Tramater, Napoli, 1825
- Sull’origine delle acque del Sebeto, di Napoli antica, di Pozzuoli, ecc., Dell’Aquila, Napoli, 1840
- Opere dell’abate Teodoro Monticelli, voll. 1-2, 1841
Studi
- John Brewer, Scientific Networks, Vesuvius and politics. The case of Teodoro Monticelli in Naples, 1790-1845, in Incontri, anno 34, fasc. 1, pp- 54-67
- Ceva Grimaldi, Elogio del commendatore Teodoro Monticelli, segretario perpetuo della R. Accademia delle Scienze, Lebon, Napoli, 1845
- Rossella De Ceglie, Teodoro Monticelli, l’osservatore del Vesuvio, in Scienziati di Puglia, Mario Adda Editore, Bari, 2007, pp. 185-187
- Eleonora Monticelli, L’abate Monticelli, Miccoli, Napoli, 1932
- Antonio Nazzaro e A. Di Gregorio, The contribution of the neapolitan geologist Teodoro Monticelli (1759-1845) to the developement of geology, in N. Morello (a cura di), Volcanoes and history, International Commission on the History of Geological Science, Brigati, Genova, 1998, pp. 415-439
ARTICLE WRITTEN BY ROSSELLA DE CEGLIE | STORIADELLACAMPANIA.IT © 2024
Hinc felix illa Campania est, ab hoc sinu incipiunt vitiferi colles et temulentia nobilis suco per omnis terras incluto, atque (ut vetere dixere) summum Liberi Patris cum Cerere certamen. Hinc Setini et Caecubi protenduntur agri. His iunguntur Falerni, Caleni. Dein consurgunt Massici, Gaurani, Surrentinique montes. Ibi Leburini campi sternuntur et in delicias alicae politur messis. Haec litora fontibus calidis rigantur, praeterque cetera in toto mari conchylio et pisce nobili adnotantur. Nusquam generosior oleae liquor est, hoc quoque certamen humanae voluptatis. Tenuere Osci, Graeci, Umbri, Tusci, Campani.
[Plinius Sen., "Nat. Hist." III, 60]
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