Un moto popolare in Sant'Angelo d'Alife agli albori del fascismo

A cura di Armando Pepe

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Pagina principale di riferimento: Le origini del fascismo in Terra di Lavoro. Fonti

Fonti

  • Archivio Centrale dello Stato ( ACS), Ministero dell’Interno, Direzione Generale Pubblica Sicurezza, G1 (Fascio), 1923, busta 84, fascicolo 16 (Caserta), sottofascicolo 56 "Sant’Angelo d’Alife".
  • Archivio di Stato di Caserta (ASCe), Prefettura Gabinetto I° Inventario, busta 313, fascicolo 3616 "Istituzione fascio Sant’Angelo d’Alife".

Avvenimenti

Il 4 febbraio 1923, in Sant’Angelo d’Alife, gli esponenti della locale sezione fascista, seguiti da buona parte della popolazione, irruppero nel palazzo dei marchesi Serra di Gerace, famiglia dell’alta nobiltà dell’ex Regno delle Due Sicilie, proveniente dall’antico patriziato genovese di origine viscontile e suddivisa, a Napoli, nei rami di Cassano e di Gerace. Motivo della violenta manifestazione era la rivendicazione di un posto migliore dove sistemare la scuola elementare. Di primo acchito le istituzioni non diedero troppa importanza alla cosa, ma come ci insegna il sommo Dante, “poca favilla gran fiamma seconda”. Così da una piccola scintilla nacque un incendio.

La residenza aveva dei legittimi proprietari che, in un primo momento, sensibilizzarono le autorità locali e provinciali. Queste si mostrarono subito deboli, insicure non provando nemmeno a liberare il palazzo dagli occupanti. La famiglia Serra, conscia dell’inazione delle autorità locali, si rivolse direttamente ai massimi vertici dello Stato a Roma.

Il 4 febbraio 1923, alle 11: 45, dalla sottoprefettura di Piedimonte partiva un fonogramma del sottoprefetto di Piedimonte, Felice D’Elia per Caserta:

Ill.mo Sig. Prefetto di Caserta
Il Sindaco di S. Angelo d’Alife telegrafa che stamattina quella sezione fascista ha, senza violenza, occupato il palazzo del Marchese Serra di Gerace, non abitato, onde trasformarlo uso scuole e asilo infantile.
Disposto invio sul posto Carabinieri per tutela ordine pubblico.

Al fonogramma il giorno successivo seguiva una comunicazione del maggiore Antonio Marotta, dal Comando della Divisione dei Carabinieri Reali di Caserta Esterna, indirizzata al prefetto di Caserta, Gennaro Bladier, per informarlo su quanto fosse accaduto:

Legione Territoriale dei Carabinieri Reali di Napoli.
Tenenza Carabinieri Reali di Piedimonte d’Alife.

All’ Ill.mo Sig. Prefetto della Provincia di Caserta
dal Maggiore Antonio Marotta, presso il Comando della Divisione dei Carabinieri Reali di Caserta Esterna

Li 5 febbraio 1923
Ieri alle ore 11 circa la sezione fascista di S. Angelo d’Alife con a capo il direttorio ed il segretario politico Sig. Russo Domenico, ingrossata da elementi popolari (circa 200 persone) è penetrata nel palazzo disabitato sito in piazza Umberto Primo di proprietà del Marchese Livio Serra di Gerace, guardato dal custode Frangipane Giovanni fu Giuseppe da Alife, occupandovi il secondo piano ed issando ad una finestra prospiciente sulla suddetta piazza la bandiera tricolore.
Indi dopo aver apposto alle porte i suggelli col motto fascista, hanno abbandonato il palazzo. Scopo dell’occupazione è stato quello di installare nei locali occupati le pubbliche scuole, l’asilo infantile e la sede del fascio. L’ordine pubblico nella circostanza non è stato per nulla turbato, né si temono per il momento disordini poiché la popolazione di S. Angelo ha approvato l’operato dei fascisti. È stato però disposto per prevenire eventuali disordini nel suddetto comune.

Il comandante dei carabinieri, dunque. si limitò a verbalizzare l’evento, evidenziando la tranquillità della popolazione, senza alcun cenno dell’ingiustizia commessa nei confronti del proprietario. Pareva che volesse sottoporsi al giudizio del prefetto e chiedere consigli sul da farsi. Riportò, inoltre, un numero di circa duecento cittadini partecipi dell’occupazione, che in seguito diventeranno un migliaio.

La corrispondenza tra sottoprefettura di Piedimonte, prefettura di Caserta, comando dei carabinieri, funzionari di pubblica sicurezza, direttorio della sezione fascista indigena, milizia nazionale ed amministrazione comunale di Sant’Angelo d’Alife, appare molto fitta, a volte prolissa e inconcludente. Solo dopo quasi due mesi dall’invasione del palazzo, i legittimi proprietari riuscirono a ritornarne in possesso.

Il 6 febbraio, il sottoprefetto D’Elia, con un biglietto urgente di servizio, arricchiva la versione del maggiore Marotta, fornendo particolari inediti al prefetto Bladier, senza modificare di fatto il quadro generale. La burocrazia provinciale, trasversalmente, usava la tattica del “ping pong”, forse perché nessuno voleva assumersi la responsabilità di qualche atto concreto, in un clima in cui gli andamenti politici non erano molto chiari, il fascismo era agli albori e non si riusciva a comprendere da quale parte soffiasse il vento. Infatti, tutto avveniva come in un puzzle, in cui i tasselli si rimettevano a posto, poco alla volta.

Regia Sottoprefettura di Piedimonte d’Alife
Li 6 febbraio 1923
Ill. mo Signor Prefetto
Caserta

Oggetto: Biglietto Urgente di Servizio
Seguito mio biglietto urgente del 4 andante comunico maggiori notizie in proposito: Verso le ore 11 a.m. del 4 corrente, la squadra Fascista di S. Angelo d’Alife, con a capo il Direttorio della Sezione ed il Segretario Politico, Sig. Russo Domenico, ingrossata da elementi del popolo (in tutto circa duecento persone) penetrò nel palazzo disabitato, ma custodito da certo Frangipane Giovanni, di proprietà del Marchese Livio Serra di Gerace, dimorante in Napoli, occupando il secondo piano allo scopo di collocarvi le scuole municipali, l’asilo infantile e la sede del Fascio.
Dopo di avere issato una bandiera tricolore ad una finestra prospiciente sulla predetta piazza, appose alle porte i suggelli col motto Fascista e quindi si allontanò. Il successivo giorno 5, il Direttorio del Fascio, a mezzo di uno dei componenti, il Sig. Contenti Giuseppe, fece al Sindaco la consegna delle chiavi dell’appartamento occupato e dell’atto compilato per l’occupazione. Nella circostanza non si ebbero a verificare incidenti di sorta, avendo la popolazione approvato pienamente l’operato dei Fascisti. Per misure precauzionali è stato disposto un servizio di vigilanza.

Il Sottoprefetto
D’Elia

Pochi giorni dopo, il 12 febbraio, D’Elia informava nuovamente la prefettura di Caserta: “Che fascisti hanno stamane iniziato trasporto materiale scolastico nel suddetto palazzo”.

Mercoledì 14 febbraio lo stesso sottoprefetto D’Elia comunicava al prefetto Bladier che i Serra di Gerace avrebbero dovuto adire le vie legali per tornare in possesso della loro proprietà. Quindi il marchese Serra si doveva sottoporre al giudice ordinario.

Regia Sottoprefettura di Piedimonte d’Alife
Div. P.S.
14 febbraio 1923
Ill.mo Sig. Prefetto di
Caserta

Biglietto Urgente di Servizio

Stamane Sindaco S. Angelo d’Alife mi ha comunicato il seguente telegramma a lui diretto dal Marchese Gerace:
“Fate sgombrare immediatamente palazzo, giungano autorità a punire colpevoli invasori”.
Io ho risposto che non risultando da questi atti che occupazione sia avvenuta con violenza contro persone, è opportuno che proprietario si rivolga competente magistrato civile per la relativa azione di reintegra ai sensi dell’art. 695 e seguenti Codice Civile.

Il Sottoprefetto
D’Elia

Il D’Elia, qundi, cercava di evitare riflessi negativi demandando il tutto all’autorità giudiziaria, ma il desiderio della famiglia Serra di ritornare subito in possesso della dimora era impellente.
La vicenda, però, era giunta a Roma; Il 17 febbraio, infatti, Emilio De Bono, direttore generale della Pubblica Sicurezza presso il Ministero dell’Interno, informato dalla Famiglia Serra di Gerace, chiedeva al prefetto di Caserta: “di far conoscere in qual modo siasi risolta la vertenza relativa alla occupazione di parte del palazzo di proprietà del Principe Livio Serra in Sant’Angelo d’Alife”

Il prefetto Bladier rispondeva facendo propria la tesi del sottoprefetto D’Elia, affermando che l’unica soluzione plausibile era di carattere giudiziario in quanto: il proprietario interessato avrebbe dovuto adire il magistrato civile per la relativa azione di reintegra ai sensi dell’art. 695 e seguenti del Codice Civile.

Continuamente pressato dai Serra, che vedevano il loro palazzo sempre occupato e una soluzione lontana per il rimpallo dei dispacci fra le autorità locali, il 20 febbraio, il generale De Bono inviava un nuovo telegramma al prefetto Bladier: Marchese Serra Gerace insiste sollecita restituzione locali suo palazzo in Sant’Angelo d’Alife, proceda d’accordo con il Direttorio del Fascio nonché Sindaco per giungere più presto possibile sgombero palazzo. Riferisca ..
Pel Ministro
Emilio De Bono

Il 13 marzo 1923, Emilio De Bono, inoltre, scrisse al prefetto Bladier esercitando pressioni di modo che si liberasse subito il palazzo:

Ministero dell’Interno Roma, li 13/3/1923
Il Direttore Generale
della P.S.//

Al Signor Prefetto di Caserta

È venuta da me la Signora Carafa d’Andria la quale mi ha presentato una lettera ed il documento che qui le rimetto. E mi ha messo al corrente circa l’occupazione avvenuta in S. Angelo d’Alife di alcuni locali di proprietà di un suo zio malato. Essa dice che la S. V. a risolvere ora la questione vorrebbe l’intervento dell’Autorità Giudiziaria. Io sono del parere che se le cose stanno come mi è stato raccontato e come risulta dagli annessi documenti si deve iniziare senz’altro lo sgombro. Occorre tener conto anche delle condizioni di salute del proprietario, il quale è ancora ignorante di quanto è avvenuto nella sua proprietà. So di minacce, d’incendi qualora si volesse far sgombrare i locali. Ad ogni modo bisogna dar forza alla legge.
La prego d’informarmi.

Cordiali Saluti
Emilio De Bono

La lettera cui si riferiva De Bono era stata scritta e inviata da Giulia Carafa d’Andria, moglie di Livio Serra di Gerace, direttamente a Benito Mussolini, da pochi mesi a capo del governo italiano. Si trattava di una lettera molto particolareggiata nella descrizione degli eventi:

A Sua Eccellenza
Benito Mussolini,
Presidente del Consiglio dei Ministri e
Ministro degli Interni del Regno d’Italia.

Nello interesse del Marchese Livio Serra di Gerace, marito di Donna Giulia Carafa d’Andria, domiciliato in Napoli, Via Monte di Dio N. 18, nella sicurezza che Ella vorrà impartire gli opportuni ed immediati provvedimenti diretti alla tutela del patrimonio di un privato cittadino teppisticamente manomesso, si denunziano alla Eccellenza Sua i seguenti gravi fatti, avvenuti nei giorni 4 e 5 febbraio e 6 marzo del corrente anno [1923]. Possiede ab immemorabili il Marchese Livio Serra un palazzo con annesso giardino, orto ed altre fabbriche formanti un sol corpo, in S. Angelo di Alife (provincia di Caserta). La detta proprietà è stata sempre tenuta per uso esclusivo suo e di sua famiglia, ed è stata sempre abitata in taluni mesi dell’anno, specie al tempo della villeggiatura.
Nel giorno 4 febbraio, senza nessuna autorizzazione da parte del proprietario e senza qualsiasi procedimento amministrativo di provvisoria occupazione da parte dell’autorità Comunale o Prefettizia, i fasci locali con a capo il Direttorio, dopo di essersi riuniti, al suono di tromba nella pubblica piazza, invadevano il palazzo del Marchese Serra e fattasi consegnare la chiave del portone che dà ingresso ai superiori piani dal custode, se ne impossessarono con violenza, facendo lo inventario della mobilia che vi si ritrovava e piazzavano in alto la bandiera tricolore.
Nel giorno seguente, cinque febbraio, col pieno accordo del Sindaco di S. Angelo di Alife, i componenti del fascio locale curavano essi stessi il trasporto dei banchi e delle altre suppellettili delle poche scuole esistenti in quel piccolo centro e dello asilo infantile e si piazzavano nel secondo piano allogandovici le dette scuole e lo asilo di loro iniziativa, all’insaputa e senza la benché minima autorizzazione da parte del proprietario.
Di fronte a tale atto inconsulto e prepotente si credette innanzi tutto tenerne informato il Capitano Padovani in Napoli, quale Comandante della Zona in cui S. Angelo è compreso, ed il Padovani, deplorando l’accaduto, spediva immediatamente a mezzo della Federazione Provinciale fascista di Caserta, ordine tassativo d’immediato sgombro, diretto a fascio locale.
Veniva anche del fatto informato il Sig. Prefetto di Caserta, il quale assicurava che da parte sua nessun provvedimento di occupazione temporanea per pubblica utilità era stato impartito, e non poteva ciò essere fatto, dal momento che in quel Comune di qualche migliaio di abitanti vi erano e vi sono molte case disponibili, ove potere allogare le scuole che per altro, prima della invasione del palazzo, avevano le loro sedi in determinati e convenienti locali. Si telegrafava anche al Sindaco di Sant’Angelo d’Alife, perché in linea bonaria restituisse il possesso del palazzo al Marchese Serra; ma quel Sindaco che, secondo la voce pubblica, è stato lo istigatore di quanto è avvenuto, a distanza di giorni faceva tenere per risposta un uffizio del Sottoprefetto di Piedimonte di Alife, col quale s’invitava il proprietario a rivolgersi al Pretore del locale Mandamento ed a proporre un’azione di spoglio violento, diretta a conseguire la immediata reintegrazione in possesso.
Nel 6 corrente mese di marzo veniva presentato un regolare ricorso al Sig. Pretore del Mandamento di Piedimonte d’Alife, il quale con decreto di pari data, disponeva il suo accesso sopra luogo pel giorno 14 prossimo venturo. In pari tempo si davano disposizioni a tal Frangipane Giovanni, incaricato della custodia del palazzo, perché nel frattempo non si fosse prestato ad aprire e chiudere il cancello di entrata nel cortile.
Si credeva in siffatta guisa di raggiungere lo intento di riottenere il possesso del palazzo senza scosse e senza ulteriori atti di violenza. Se nonché, non appena tali disposizioni furono apprese, con grande meraviglia e stupore dei principali cittadini del Mandamento, invece di procedersi allo sgombro, dalle locali autorità, alle quali erano frammisti noti fascisti locali, tra i quali evvi l’insegnante Rossi, s’incitava la folla a dare lo assalto al palazzo la punto che si suonarono le campane, si dette di piglio a pali di ferro, si abbattette così il cancello e s’invase per la seconda volta e con maggior violenza la privata proprietà del Marchese Serra di Gerace; per mercoledì prossimo si prevedono anche più grossi disordini data la eccitazione degli animi di quegli abitanti; sobillati dai pochi dirigenti locali, Sindaco e fascisti, i quali, senza punto curarsi dei Superiori ordini ricevuti, persistono, assumendo ora la figura non più di fascisti ma di semplici cittadini. Questi sono fatti deplorevoli, che non si concepiscono nel momento attuale, senza garanzia per il ritorno all’ordine e per il rispetto al patrimonio privato dei cittadini così facilmente violato sotto i passati Governi.
Donde si è sicuri che sarà dalla E. S. immediatamente provveduto per la tutela del patrimonio manomesso del Sig. Marchese Livio Serra di Gerace.
Giulia Carafa d’Andria in Serra Gerace.

La missiva di Giulia Carafa d’Andria fu spedita da Emilio De Bono al prefetto Bladier che, a sua volta, l’inviò al sottoprefetto di Piedimonte, Felice D’Elia, il 14 marzo 1923 con poche righe autografe nelle quali si diceva favorevole a una subitanea azione di sgombero.

Sig. Sotto Prefetto
Piedimonte d’Alife

Trasmetto alla S.V. l’unito reclamo sporto dalla signora Giulia Carafa d’Andria in Serra Gerace a S. E. il Presidente del Consiglio, in merito alla occupazione del palazzo di proprietà del Marchese Livio Serra in S. Angelo d’Alife. Se i fatti rispondono a verità, il Ministero ha disposto che devesi senz’altro iniziare lo sgombero del palazzo predetto e che ad ogni costo bisogna dar forza alla legge.
Gradirò sollecite informazioni circa i provvedimenti adottati.

Il Prefetto
Gennaro Bladier

Il prefetto aveva cambiato completamente opinione in merito all’intricata vicenda, accettando la volontà di De Bono. Ora bisognava agire. A stretto giro di tempo, infatti, il 19 marzo, il sottoprefetto D’Elia comunicava al prefetto Bladier che a Sant’Angelo: la popolazione si agita, desiderando che le scuole e l’asilo infantile restino nei locali di detto palazzo, perché più igienici e più decenti.
Il Sottoprefetto D’Elia

Il sottoprefetto di Piedimonte continuava, imperterrito, a barcamenarsi, condizionato dai fascisti locali che non voleva inimicarsi, addirittura giustificando esplicitamente l’utilità dell’occupazione. Ma la situazione oramai era diventata insostenibile. Il 20 marzo il prefetto Bladier insisteva per la completa liberazione di tutte le stanze del palazzo, né voleva che si perdesse altro tempo :

Telegramma 20/3/1923
Al Sottoprefetto di Piedimonte d’Alife

Prego La telegrafarmi se palazzo Livio Serra in Sant’Angelo d’Alife sia sgombrato. Caso contrario, provveda subito informandomi.
Prefetto
G. Bladier

Ora gli ordini erano chiarissimi, il sottoprefetto di Piedimonte non poteva tentennare, pena l’insubordinazione. Il 22 marzo 1923 D’Elia informava il prefetto Bladier che:

Essendo fallite pratiche bonarie per sgombro palazzo Serra Gerace in S. Angelo d’Alife ho ora inviato sul posto il Commissario Falivene con tutti i carabinieri qua disponibili in numero di undici ed agente investigativo Compagnone per far subito sgombrare coattivamente palazzo suddetto giusta ordine V. S. Ill. ma.
Essendo i fascisti di S. Angelo d’Alife rifiutatisi eseguire sgombero in parola, d’ordine del Comandante di questa Coorte, Seniore Vetere, che si è anche recato sul posto, sono state mobilitate squadre fasciste Comuni viciniori, per coadiuvare l’Autorità in detta operazione.
Riservandomi ulteriori notizie.

Sottoprefetto D’Elia

Quel 22 marzo, anche il vice commissario di Pubblica Sicurezza di Piedimonte, Achille Falivene, di pomeriggio, inviò un telegramma alla prefettura di Caserta: Palazzo Marchese Gerace è stato pacificamente sgombrato con intervento e collaborazione squadre fasciste ed Arma, ordine pubblico finora indisturbato.
Vice Commissario Falivene

È singolare che per tutelare l’ordine pubblico dovessero partecipare anche le squadre fasciste, pur essendo i fascisti gli autori dell’occupazione. Del resto, in quel periodo, le cose andavano così per tutta l’Italia.
Nello sviluppo dei fatti, il prefetto Bladier informava la Divisione Generale di Pubblica Sicurezza presso il Ministero dell’Interno, nella fattispecie De Bono, che: In risposta al telegramma di codesto Onorevole Ministero N. 6631 del 20 corrente informo che sgombro palazzo Serra Gerace in S. Angelo d’Alife è avvenuto oggi pacificamente.
Prefetto G. Bladier

In margine alla minuta il dottor Bladier annotava di aver informato anche il Capitano Aurelio Padovani, di Napoli, cui i Serra di Gerace, prontamente, si erano rivolti, aspettandosi un’energica azione delle autorità superiori fasciste. Alle sei di sera di quel 22 marzo, il dottor D’Elia, in conclusione, informava la prefettura di Caserta che: Sgombro Palazzo Gerace Sant’Angelo d’Alife avvenuto pacificamente mercè valido ausilio squadre fasciste al Comando Sig. Vetere e Arma. Ordine pubblico finora indisturbato.
Il Sottoprefetto D’Elia

Ancora una volta le squadre fasciste assumevano le vesti di risolutori di abusi commessi dai loro adepti.
Nei giorni seguenti D’Elia, a voler considerare il numero dei telegrammi inviati alla prefettura di Caserta, fu prodigo di particolari. Il 24 marzo, infatti, scrisse:

Regia Sottoprefettura di Piedimonte d'Alife Addì 24 marzo 1923

Risposta a nota del 14 marzo 1923

Oggetto: Occupazione e sgombro del palazzo Serra Gerace in S. Angelo d’Alife

Ill. mo Sig. Prefetto di Caserta
Come ho riferito coi miei fonogrammi del 22 e 23 andante, i pochi locali del palazzo Serra- Gerace in S. Angelo d’Alife, occupati dai fascisti e poi adibiti ad uso scuole e di Asilo Infantile, sono stati completamente sgombrati e consegnati, per la custodia, a certo Frangipane Giovanni, guardiano privato dei proprietari e, pertanto, restituisco il reclamo trasmessomi con la nota controdistinta. È bene rilevare, però, che non fu mai occupato tutto il palazzo in parola; ma soltanto un limitato numero di vani di un’ala del vasto e disabitato stabile, e che, siccome la occupazione avvenne senza violenza contro le persone, la reintegra nel possesso doveva essere eseguita dal Magistrato competente e non già dall’Autorità di Pubblica Sicurezza, giusta il mio espresso 14 febbraio ultimo. La famiglia Gerace, infatti, iniziò il relativo giudizio innanzi questa Pretura; ma poi lo sospese telegraficamente temendo di affrontare direttamente il malumore della popolazione, la quale vivamente desiderava che le scuole e l’asilo Infantile rimanessero nei nuovi locali perché più igienici e più decenti dei vecchi. Le preoccupazioni però dei Signori Serra-Gerace risultarono esagerate giacché nel giorno stabilito per l’accesso giudiziale molti cittadini si astennero, invero, dal lavoro, ma si limitarono a girare pel paese al suono della musica locale, cantando inni patriottici e inneggiando alla giustizia, come ha assicurato l’Arma dei RR. CC. da me inviata sul posto pel servizio d’ordine nella circostanza. La popolazione, di fronte all’atto energico dell’Autorità, non ha osato ribellarsi; ma è rimasta esasperata contro la famiglia Gerace.
Il Sotto Prefetto
D’Elia

Sempre in quello stesso giorno, come se non fosse pago di quanto già scritto, D’Elia, inviò un ulteriore fonogramma alla prefettura di Caserta:

Fonogramma da Piedimonte d’Alife
Prefetto Caserta (ore 20, 15)

Parte del palazzo Serra Gerace di S. Angelo d’Alife è tuttavia occupata per uso scuole Comunali, ed Autorità giudiziaria investita della vertenza, doveva recarsi sul posto il 14 corrente per disporre reintegrazione, però a seguito telegramma proprietario che, segnalava possibile insurrezione popolare, fu sospeso l’accesso. In seguito nota prefettizia 14 corrente, N. 670, qui pervenuta ieri con cui mi si trasmetteva reclamo della Duchessa Carafa in Serra Gerace, ho invitato Sindaco S. Angelo e Comandante Coorte Fascista venire da me a conferire per tentare sgombero palazzo in via pacifica. Conferenza potrà aver luogo tra domani o posdomani e se non conseguirò tali intenti farò richiesta a V. S. necessario numero Carabinieri per fare procedere sgombero coattivo, giusto telegramma V. S., N. 501, poiché a quanto mi risulta la popolazione è in fermento, pretendendo che le scuole restino nei locali del palazzo Gerace perché ritenuti più adatti e più igienici delle vecchie aule scolastiche.
Sottoprefetto
F. D’Elia

Raccolte le informazioni dalla sottoprefettura di Piedimonte, il 26 marzo 1923, il prefetto Bladier si decise a scrivere a De Bono per ragguagliarlo sulla situazione:

Prefettura della
Provincia di Terra di Lavoro

Caserta, 26 marzo 1923

A S.E. Emilio De Bono
Direttore Generale della P. S.

Roma

Con riferimento al mio telegramma del 22 corrente N°511 diretto a codesta Direzione Generale di P.S. mi pregio restituire alla E. V. il reclamo a firma della Signora Giulia Carafa d’Andria trasmessomi con la nota controdistinta, significando che i pochi locali del palazzo Serra- Gerace in S. Angelo d’Alife, occupati dai fascisti e poi adibiti ad uso scuole ed asilo infantile, sono stati completamente sgombrati e consegnati per la custodia a tal Frangipane Giovanni, guardiano privato della proprietaria. Mi permetto far presente che non fu mai occupato tutto il palazzo, ma soltanto un limitato numero di vani di un’ala del disabitato e vasto stabile, e poiché l’occupazione avvenne senza violenze contro le persone, la reintegra nel possesso doveva essere eseguita dal Magistrato competente e non dall’Autorità competente e non dall’Autorità di P.S. La Signora Gerace, infatti, iniziò il giudizio relativo innanzi la Pretura di Piedimonte, ma poi lo fece telegraficamente sospendere per tema di affrontare direttamente il malumore della popolazione, la quale vivamente desiderava che le scuole e l’asilo infantile rimanessero nel palazzo predetto, perché più igienici e più decenti. Le preoccupazioni poi della Signora Gerace risultarono esagerate, per il fatto che nel giorno stabilito per l’accesso giudiziale molti cittadini si astennero invero dal lavoro, ma si limitarono a girare pel paese al suono della musica locale cantando inni patriottici. La popolazione, di fronte all’atto energico da me disposto, non ha osato ribellarsi, ma non dissimula il suo risentimento verso la famiglia Gerace.
Il Prefetto
Gennaro Bladier

Per il prefetto l’allarme lanciato della signora Gerace era fuori luogo. La storia ci insegna che le squadre fasciste spesso erano formate da individui socialmente poco raccomandabili, di cui Mussolini, agli inizi, si serviva lasciando loro mano libera. La vecchia burocrazia di stampo liberale, per lo meno all’inizio, spesso si trovava a disagio, con risoluzioni lunghe, farraginose, non sapendo a chi obbedire. Il fascismo non aveva ancora raggiunto il potere in tutte le diramazioni statali, anche quelle, più lontane di provincia. I comportamenti del prefetto di Caserta e del sottoprefetto di Piedimonte ne costituiscono l’esempio lampante.

Intanto, Il 29 marzo 1923, il console della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale di Terra di Lavoro, Stefano De Simone, inviava in prefettura, a Caserta, delle note elogiative per il vice commissario Falivene e per il signor Vetere, capomanipolo fascista:

Il comandante la Coorte Lupi del Matese ci comunica che nell’occasione dello sgombero del palazzo Gerace di S. Angelo di Alife fatto effettuare dalla Milizia Nazionale, il Vice Commissario Falivene tenne contegno brillantissimo riuscendo con la sua ottima cooperazione alla riuscita dell’operazione.
Vedrei di buon grado che il predetto funzionario fosse dalla S. V. Ill. ma immediatamente encomiato.

Il Console
Stefano de Simone

Sempre il 29 marzo D’Elia, tramite un fonogramma alla prefettura di Caserta, aggiungeva alcuni particolari:

//Fonogramma dalla Sottoprefettura di Piedimonte d’Alife

Al Prefetto di Caserta

Seguito fonogramma pregiomi informare la S.V. Ill. ma che questa mane è qui rientrato il Vice Commissario Dottor Falivene con l’agente investigativo Compagnone.
Detto funzionario mi assicura che ordine pubblico in S. Angelo è tranquillo, ma poiché intera popolazione è dispiaciuta pel provvedimento dello eseguito sgombro di quelle scuole a causa della maggiore igienicità e decenza dei locali del palazzo Gerace ed anche perché l’asilo infantile non ha potuto ritornare al vecchio locale perché pericolante, ha lasciato sul posto sette carabinieri con un sottufficiale per la debita vigilanza fino al cessato bisogno. Soggiungo che la piccola parte del palazzo Gerace occupata ed adibita ad uso delle scuole e dell’asilo infantile è stata dal detto funzionario data in consegna al guardiano del proprietario Frangipane Giovanni.

Il Sottoprefetto
D’Elia

Il 5 aprile 1923, come sintesi finale di un complicato quadro degli eventi, il prefetto Bladier inoltrò a De Bono un rapporto, che il sottoprefetto D’Elia, con sapidi dettagli di cronaca, aveva stilato una decina di giorni prima:

Caserta, 5 aprile 1923
Prefettura della Provincia di Terra di Lavoro
A S.E. Emilio De Bono

Direttore Generale della P. S., Roma

Con riferimento al mio rapporto del 26 marzo p.p. numero pari, relativo all’occupazione del palazzo Serra Gerace in S. Angelo d’Alife, pregiomi riferire alla E. V. quanto segue:
Colui che divisò prima, e, poi, guidò l’occupazione del palazzo in parola fu il maestro elementare, Russo Domenico, Segretario politico di quella Sezione Fascista. Fu appunto questi, che, con ogni mezzo, approfittando anche dell’ascendente che aveva sull’incolta popolazione di Sant’Angelo d’Alife, sobillò la massa, incitandola a non far sgombrare i locali abusivamente occupati. Il Russo stesso organizzò e diresse la dimostrazione di piazza, in previsione della quale, il 14 scorso mese, il Pretore di Piedimonte fu invitato dalla famiglia Gerace a sospendere l’accesso sul posto. E allorquando il 21 marzo, il Sindaco di S. Angelo d’Alife, Cav. Angelo Girardi, di ritorno dalla Sottoprefettura di Piedimonte, si recò in paese, unitamente ad alcuni esponenti di quel Fascio, allo scopo di far opera di persuasione, onde addivenire allo sgombero in linea pacifica, il Russo, sempre riluttante, non solo negò la sua collaborazione ma, facendo suonare le campane a stormo, adunò circa un migliaio di persone nella piazza principale del paese, ammonendole ch’esse avrebbero dovuto opporsi a qualsiasi tentativo di sgombero delle scuole dal palazzo Gerace. Il dì seguente, giunto in S. Angelo il funzionario inviato con un congruo numero di carabinieri e parecchie squadre della Milizia Nazionale della Coorte di Piedimonte, al comando del Seniore Vetere, il Russo scomparve e si portò invece nella vasta tenuta “Corvara” sita in tenimento di S. Angelo, allo scopo d’indurre gli operai di quell’importante azienda agricola a recarsi in paese, per opporsi, come si dice, alle operazioni di sgombero, che, intanto, veniva effettuato dalla forza pubblica e dai militi della Milizia Nazionale. Gli operai, però, più assennati del Russo non aderirono, mentre a costui non rimase altro che darsi alla campagna.
Coadiutore efficace del Russo è stato il suo collega Ferrazzano, pure insegnante in S. Angelo d’Alife. Quest’ultimo, anzi, osò persino serbare contegno arrogante e poco corretto verso il funzionario di P.S. ed il Comandante la Coorte, Sig. Edoardo Vetere.
Mi riservo ulteriori comunicazioni in proposito.

Il Prefetto
Gennaro Bladier

In quest’ultima lettera, il prefetto Bladier, a storia conclusa, è finalmente esaustivo. I cittadini di Sant’Angelo, che avevano partecipato all’occupazione del palazzo Serra di Gerace, erano circa un migliaio e non più duecento, quindi tutto l’abitato del centro storico, frazioni a parte. I capri espiatori furono due insegnanti elementari, il Russo segretario della locale sezione fascista e il collega Ferrazzano, suo sodale. Da come sono andati i fatti, si comprende che, agli albori, il fascismo faceva credere al popolo, specie quello minuto e più facinoroso, di poter ottenere con la violenza qualsiasi cosa ritenesse utile per soddisfare le proprie esigenze. Ecco perché le sezioni fasciste, indottrinate, organizzano e prendono parte alle azioni, mentre la milizia, per mantenere alto il senso di legalità, partecipa, con le altre forze dell’ordine, alla repressione, ma non alla prevenzione. A questo si aggiunge la manipolazione continua delle notizie, a volte incomplete, a volte contraddittorie e addolcite, altre rivestite semplicemente di forma ma carenti nella sostanza.

Riferimenti bibliografici

  • Armando Pepe, Le origini del fascismo in Terra di Lavoro (1920-1926), Aracne, Canterano 2019.

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Hinc felix illa Campania est, ab hoc sinu incipiunt vitiferi colles et temulentia nobilis suco per omnis terras incluto, atque (ut vetere dixere) summum Liberi Patris cum Cerere certamen. Hinc Setini et Caecubi protenduntur agri. His iunguntur Falerni, Caleni. Dein consurgunt Massici, Gaurani, Surrentinique montes. Ibi Leburini campi sternuntur et in delicias alicae politur messis. Haec litora fontibus calidis rigantur, praeterque cetera in toto mari conchylio et pisce nobili adnotantur. Nusquam generosior oleae liquor est, hoc quoque certamen humanae voluptatis. Tenuere Osci, Graeci, Umbri, Tusci, Campani.
[Plinius Sen., "Nat. Hist." III, 60]

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Storia della Campania. Risorse in rete per la storia del territorio e del patrimonio culturale
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241686 | DOI 10.5281/zenodo.3408416

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