Fonti per la storia di Caiazzo in età moderna – Parte II (l'amministrazione economica)

Pagina principale di riferimento: Fonti per la storia di Caiazzo in età moderna e contemporanea

NOTA DEL CURATORE
Questa pagina raduna documenti di taglio economico e feudale. La prima descrizione non è solo topografica-, non riferendosi solo alla configurazione dei luoghi-, ma anche, se non soprattutto, antropologica, indagando usi e costumi nonché l'indole degli abitanti. Si colgono aspetti interessanti, come la laboriosità degli agricoltori e il modo di vivere. Nella seconda carta sono riprodotti i nomi dei feudatari di Caiazzo nel corso dei secoli, dal medioevo all'età moderna, informazioni che di solito possono desumersi dagli apprezzi e dai relevi. Il terzo atto contiene suggerimenti-, dati dall'agente al feudatario, fisicamente lontano perché residente a Firenze nel palazzo avito in via de' Tornabuoni-, su come risollevare le sorti economiche del territorio.

ABBREVIAZIONI

ASFi = Archivio di Stato di Firenze
AGCS = Archivio Guicciardini Corsi Salviati

1) ASFi, AGCS, filza 160 "Caiazzo XII. Amministrazione economica", inserto 11 “Relazione dello Stato della Città di Caiazzo, Dugenta, Melizzano, Raiano, Campagnano, Squille, Alvignanello, Orcula, Torella e suoi casali siti in Terra di Lavoro nel Regno di Napoli, Feudi degli illustrissimi signori marchesi Corsi, fatta dal signor Dottore Antonio Arcangeli l'anno 1690".

1690

Relazione dello Stato di Caiazzo, ecc.

Lo Stato della Città di Caiazzo, sito in Terra di Lavoro, Feudo degli illustrissimi Marchesi Corsi, o si consideri per il governo, e cognizione, in prima e seconda istanza di cause, tanto civili che criminali, o si discorra per quello che attiene all'azienda, si distingue in tre parti principali, quasi che in tre corpi, ai quali dicono subordinazione diversi membri, concorrenti a costituire ciascuno il suo intero, come sarebbe Caiazzo, Raiano [Ruviano], Dugenta, [la] quale resta divisa dai due primi mediante il Volturno.
Caiazzo, la cui prospettiva non si gode meglio che per la parte di Capua, sembra poco differente dalla figura di una galera, alla quale, pare, serva di sprone Porta Vetere, di poppa il Castello, fabricato in scoglio montuoso, e però battuto da qualsivoglia sorta di vento. Dal muro che con spesse Torri la circonda in giro di circa un miglio, ben si coniettura [congettura] esser questa un Città delle antiche del Regno, e dall'inscrizioni in diversi luoghi scolpite non è inverisimile sia stata municipio de' Romani.
Quivi è l'aria salubre, e pingue la terra; sono gli habitatori neghittosi, di cervello inquieto, dediti ad approvecciarsi [avvantaggiarsi e/o trarre profitto] non meno nelle discordie che nelle mutazioni de' ministri; superbi, ma poveri; allevati senza rispetto de' superiori.
Contiguo alle muraglie della Città, poco lontano dall'Orto della Fontana, pendono [stanno] per detta illustrissima Casa [dei Corsi] due uliveti; dicesi l'uno di Port'Anzia, seu [o] la Vigna della Corte, l'altro di San Pietro, pigliando la denominazione ciascuno da quell'una delle quattro Porte di Caiazzo.
Distante meno di mille passi serpeggia tacito il Volturno, fiume che bagna dello Stato intero in qualche parte i confini, e divide fra levante e mezzogiorno la giurisdizione di Limatola e Morrone [Castelmorrone], rilassando [lasciando] la scafa di Cesarano, per dove si passa di qui in Limatola e di lì in Dugenta, a pro' di Caiazzo; al governo del quale son sottoposti San Giovanni e Paolo, Cesarano, i Sparani, la Piana [ora Piana di Monte Verna], Santa Croce; di tutti questi luoghi e casali è in possesso l'Università di Caiazzo, di che [cui] è padrone [feudatario] assoluto il Signor Marchese [Giovanni IV Corsi]. Oltre all'orto [della Fontana], agli oliveti, alla scafa predetta di Cesarano, gode il medesimo Signor Marchese il Passo, e taverna di Porta Vetere, con un uliveto di circa un moio [moggio] a questa annesso; gode la Zecca, cioè il sigillo de' pesi e misure; la Portulania, che vale a dire la soprintendenza delle strade; la Bagliva, o cognizione de' danni dati a caso da' bestiami; la Stratonica, cioè la fida de' bestiami da Santa Croce di maggio a quella di settembre, la Padula, et Erbaggio, [quest'ultimo] dedotto [diminuito] però per l'Abbazia di Santa Croce di tre ducati annui. [Il Marchese Corsi] possiede le selve del Palazzo, del Fondo di Gennaro, della Selvetella, e fuori del territorio di Caiazzo la metà della scafa di Pietramala, la taverna e il mulino di detto luogo, con tre moia [moggia] di terre adiacenti, col ius [diritto] che sia cognitore de' delitti che si commettono in detti mulino, scafa e taverna, non il signor Principe di Colubrano, benché siano siti in suo territorio, ma il signor Marchese di Caiazzo, sua Corte e Governatore. Poco lungi da Cesarano stanno i Limata Paoli, terra tutta lavorandina [lavorativa] e della Casa [Corsi]. La Piana [ora di Monte Verna], casale il maggiore de' sopraddetti, così chiamato dalla pianura di sua campagna, termina a fronte col Volturno.
Da fianco al rio di San Marco, confine che sparte i territorii di Formicola e Caiazzo, fra mezzogiorno e ponente, possediamo una casa restaurata nell'anno scorso et un'aia coperta di lastrico, che in breve sarà necessario rifarla. Appresso la Villa di Santa Croce, fra ponente e tramontana, si disgiunge Caiazzo dalla Baronia di Formicola; [il feudo di Caiazzo si separa] da quella [la Baronia] di Alvignano, costeggiandola da tramontana verso levante, al Ponte della Vecchia, luogo poco remoto dalla piccola e fertile pianura di Campora Lunga, ove teniamo un'aira [aia] lastricata e 140 moia [moggia] di terra, che da cinque in sei anni [è] felciosa, e da molti anni, fino al ponte, abbandonata. Per ultimo, giusta l'Inventario del 1544 rogato dal notaro Giovanni Lampieri, anzi, secondo la copia di esso- estratta in autentica forma nel 1615 dal notaro Bernardino di Marco- vulgarmente detta "la Platea di Caiazzo", dovrebbero molti e molti cittadini pagarci un'annua rendita di poche grana per ciascuno; li 9 gennaro [gennaio] 1673, mediante la Corte di Caiazzo, fu fatto mandato ci si pagassero i suddetti renditi, ma non si conseguì che rancori, malevolenze e disprezzo.
Raiano [Ruviano]
Fabricato nel Ratillo, fosso povero d'acque, racchiude buona parte di sue case entro un ponte, per il quale apre l'adito al castello munito di torri, da me nell'anno scorso riparate. Raiano, il cui erbaggio, stratonica, e mastrodattia è del Signor Marchese, esige la Buonatenenza [e/o bonatenenza, cioè l'imposta fondiaria] per il burgensatico [proprietà allodiale], si gode la Zecca, e Portulania; paga all'in contro i proventi di qualsivoglia delitto, soggiace alla Baliva [e/o bagliva]. [Ruviano] Dona un annuo regalo, come devono i suoi abitatori, et ha annessi nel governo Squille, Campagnano et Alvignanello, quello [Ruviano] non cinto di muro, questi [ultimi] ristretti fra i serramenti di una porta, e spettatori di loro sbandate torri e dirupata rocca. Il governo, composto, di questi quattro castelli, confina da ponente con Caiazzo, da tramontana con Alvignano, da levante e mezzogiorno col Vulturno [Volturno].
Squille, Campagnano, Alvignanello
Squille, Campagnano, et Alvignanello, pigliandosi i proventi, al Signor Marchese [Corsi], per altro dovuti, rilassano [lasciano] ad esso la Buonatenenza, e corrispondono ogn'anno la Baliva [bagliva].
Nel distretto dei suddetti castelli possiedonsi dal Signor Marchese il bosco di Selva Nuova, Sant'Angelo, il terzo di Squille, Monte Jacovone, Santo Martino, Le Serole, alcuni padroncelli alle Moretelle, e moia [moggia] 424 in circa di terre lavorandine, quali tutte spartono il terzo.
Qui si combatte col Vulturno, et a forza di ben fondate palafitte [palificate e/o sistema di palificazione], rimesse con ordine triplicato, dove furono altra volta, procuro fin'ora non indarno o rigettare, o almeno ricevere non constanti [i] sensibili sforzi di sua impetuosa corrente.
Qui per la Platea del 1549 vedesi la maggior parte degli effetti altrui dovere corrispondere alla Corte un annuo rendito [un'annua rendita] di poca moneta, ma per la narrazione de' nomi e de' confini è molto difficile il riconoscerne in oggi di tutti l'identità.
Dugenta
Confuso non meno di questi è lo stato delle cose in Dugenta, Terra che, unita con Orcula, Torello e Milizzano, compone il terzo governo di questo Stato, et ha per confinanti da levante Frasso, da ponente Limatola, da tramontana il Volturno, e da mezzogiorno i signori Duchi di Sant'Agatha, e Telese. Non habbiamo ivi Platea, per la quale si distinguino i confini, e perciò a noi tocca il peggio, standosi alla tradizione degli huomini, che negano a pro' de' vicini, o per l'utile che ne riportano, o per il danno che ne temono dalla loro continua presenza.
Dugenta, benché spogliata di cittadini (così chiamansi in questi paesi anco i terrazzani), non è in tutto priva d'abitatori. Conserva attorno il muro, ci guarda ben forte [il] castello, con quattro piccole case. E' posta nella via corrente che tira in Abruzzo; onde ogni giorno i consigli de' passeggieri, in tanti lì per frodare alla nostra taverna il Passo dovuto; [Dugenta] vede ogn'ordinario corriere, pratica ogn'ora viandanti, sollievo contraccambiato da' malori [che] vi si generano per la bassezza dell'aria, per le nebbie continue, veleno che addormenta i sensi, che infetta le fibre, che sminuisce la stima di così bella pianura, di così vasta campagna. Ha quivi l'illustrissima Casa Corsi 900 moia [moggia] di terre, quali [sono] repartite [divise] in sei masserie, tutte accomodate di casa e aira [aia] lastricata.
Milizzano [Melizzano]
Milizzano è Terra piccola, ma popolata, sita fra i boschi ma comoda. E' in possesso d'esigere e governare a modo suo la Baliva [bagliva], la Zecca, la Portulania; onde non ci deve che i proventi, quali [si ricavano] con la cognizione delle cause, non meno che la mastrodattia, et egualmente l'erbaggio, o fida.
Orcula e Torello
Orcula e Torello per la vessazione troppo frequente de' banditi rivolgonsi fra le ruine. Ha questa Casa illustrissima i boschi di Orcula e di Torello.
[Epilogo]
Non l'occhio giunge a vedere, non l'orecchio ad ascoltare, non la lingua conseguentemente a riferire, temendo togliere al vero centinaia di moia.
Questi dunque sono gli effetti, questi sono i feudi, questo è lo Stato dell'Illustrissimo Signor Marchese Corsi, Stato che, già goduto da diversi titolati, et ora dominato da un solo non favoloso Gerione, si rende per ogni conto in quelle parti riguardevole. Se si pensi amplificazione di penna il racconto di tanto caos, anzi più tosto si creda in qualche parte mancante, si venga, si veda, si misuri, e confesserarsi [si confesserà] che non mentiva l'Arcangioli.

2) ASFi, AGCS, filza 149 "Caiazzo I", inserto 20 "Breve storia dei passaggi del feudo di Caiazzo, e beni annessi nei diversi possessori, dal 1407 al 1631. Copia del secolo XVIII cavata da autentici documenti".

[9195]

1407- 1631

Descendenza delle famiglie che hanno avuto il diretto dominio della Città di Caiazzo dal 1407 al 1631.

In anno 1407 Re Ladislao vendé a Gurello Origlia la Città di Caiazzo con suoi Casali, et integro Stato, ut in Registro Regiae Siclae dicti Regis dicti anni 1407, fol. [folium] 56.
In anno 14017 Petrus Aurilia intitulabatur Comes Cayatiae, come appare in Archivio Regiae Siclae, in Registro Reginae Ioannae, dicti anni, fol. 41.
In anno 1422 dicto Pietro era morto, e suoi fratelli furo dichiarati rebelli dalla Regina Giovanna.
In anno 1453 Re Alfonso donò e concesse a Giovanni de Las Torrellas dictam Civitatem Cayatiae.
In dicto anno 1453 il dicto Giovanni vendé dicta Città, così come ad esso spettava in virtù della donazione predetta, a Lucrezia d'Alaneo [d'Alagno], alla quale vendita lo predetto Re Alfonso assentì.
In anno 1461 Re Ferrante donò la Città di Caiazzo, col titolo comitale, al Capitano Roberto de Santo Severino, [Sanseverino] il quale, cum suis copiis, ex partibus Lombardiae, in quibus sub Illustrissimo Duce Mediolani, eius avunculo, militabat, in suo [di Re Ferrante] subsidio advenit, et magnum sibi adjutum praestitit militando.
In anno 1473 il detto Roberto donò al figlio Giovanni Francesco il feudo di Caiazzo, con l'assenso di Re Ferrante.
L'anno 1495, all'11 d'aprile, in Castello Capuanae Neapolis, Carlo Re di Franza, di Sicilia, Hierusalem, havendo riguardo alli servitii prestati per Giovan Francesco de Santo Severino, Conte di Caiazza, nella recuperatione del Regno, confirma, e de novo concede al detto Giovan Francesco pro se et suis haeredibus, et successoribus in perpetuum la dicta Città di Caiazza, cum titulo Comitatus, con le Castelle di Campagnano, de Alvignanello, de Squilli, Provinciae Terrae Laboris.
In anno 1501 Re Federico, asserendo, per rebellione del dicto Giovan Francesco, esserli [essergli] legitime devoluto lo dicto Contato di Cajazza con l'infrascritte Terre di Caiazza, Campagnano, et Alvignanello de Terra Laboris, le vendé a Ferrante d'Aragona, suo fratello, per se et suis haeredibus, et successoribus in perpetuum.
In anno 1507, il Re Cattolico, in virtù della capitulatione della pace trattata col Re di Franza, nella quale ci fu capitulo che tutti quelli feudatarii che havessero tenuto le parti del Re di Franza, tanto a tempo di Re Federico, quanto d'esso Re, fossero restituiti in possessione di tutti li loro Stati, e feudi, che si ritrovavano possedere in initio dicti belli, et restituisce a Roberto Ambrosio Sanseverino, Conte di Caiazza, figlio del dicto Giovan Francesco, lo Stato ch'esso Giovan Francesco possedeva, videlicet Caiazza, cum titulo Comitatus, con Campagnano, Alvignanello e Squille.
In anno 1522 lo dicto Roberto Ambrosio Sanseverino commise rebellione, sì che lo dicto Stato si devolvé alla Regia Corte la quale, havendo bisogno di danari, vendé quello, con patto de retrovendendo, allo spettabile Don Cammillo Pignatello [Pignatelli], Conte di Burello [Borrello], cum praedictis suis castris.
In anno 1530, la Cesarea Maestà, a contemplatione [per riguardo] del Sommo Pontefice [Clemente VII], per detto Roberto Ambrosio [Sanseverino] intercedente, indultò lo dicto Roberto Ambrosio della sua rebellione, nec non e li restituì lo Stato praedicto [di Caiazzo].
In anno 1536, per morte del dicto Roberto Ambrosio [Sanseverino] se [si] investì Maddalena Sanseverino, sua figlia, della Città di Caiazza, cum titulo Comitatus, e delle dicte Castella, videlicet Campagnano, Alvignanello, Squilli.
In anno 1551 Hercules de Rossis [Ercole de' Rossi di San Secondo], Comes Cayatiae, filius Dominae Magdalenae, denuntiò la morte di dicta Maddalena, sua madre, offerendo al Relevio per lo dicto Comitato.
A 10 luglio 1596 Sua Maestà prestò il Regio Assenso alla vendita, [la] quale detto Ercole de' Rossi asserisce haver fatto per pagare i suoi creditori, cum pacto de retrovendendo, a Matteo de Capua, Principe di Conca, per se [sé] et suoi eredi, e successori in perpetuum, della Città di Caiazza, con le sue ville, seu casali, nec non delle Terre nominate: Squille, Campagnano, Albignanello, Provinciae Terrae Laboris, con loro castelli.
In anno 1603 Sua Maestà presta il suo Regio Assenso alla vendita fatta per Don Giulio de' Rossi [figlio di Ercole] della Città di Caiazza, con suoi casali e ville, e con le castella di Squille, Campagnano e Albignanello, atteso che la prima vendita fatta, per lo quondam Don Hercole olim Conte di Caiazza suo padre, al Principe di Conca fu revocata [per mancanza di regio assenso].
In anno 1615 Giulio Cesare de Capua,Principe di Conca, e Grand'Ammiraglio del Regno, vendé a Bardo Corsi, fiorentino, la Città di Caiazza, e le Terre seu Castelle di Squille, Campagnano, et Albignanello.
In anno 1624 Sua Maestà concedé titolo di Principe a Bardo Corsi sopra la Città di Caiazza.
In anno 1625, a primo di marzo, il detto Bardo Corsi morse [morì], e succedé Giovanni Corsi, suo nepote, Marchese di Caiazza.

[9216]

3) ASFi, AGCS, filza 150 "Caiazzo. Amministrazione giurisdizionale", inserto 2 (int. 1-7) "Diversi notamenti circa il modo di governare la giurisdizione et entrate dello Stato di Caiazzo, e circa la qualità de' vassalli".

[263]

Intorno alla metà del XVII secolo

Espedienti per sollevare la Città di Caiazzo

Il primo inconveniente è che in detta Città si vive senza catasto, di modo che, quando si mettono le imposizioni [tasse], li eletti le mettono a loro beneplacito, e lasciano di fare pagare a chi lor piace, alzando e diminuendo le cedole delli cittadini a lor comodo; et questo avviene ché non vi è catasto fatto da huomo de corte.
Questo si puol remediare con ordinarsi che si faccia il catasto, o si complisca [compia] quello che fece Vincenzo Caserta, scrivano della Regia Camera [della Sommaria], chiamato dalla detta Città, et poi rimandato senza tenerlo, et [la quale città, e/o Caiazzo] tiene tutte le scritture qua in suo potere; et facendosi detto catasto non sta più i mano de l'eletti di diminuire [le imposte] a chi loro pare.
Vi è di più, [cioè] che detta Città, rei veritatis, senza li Casali della Piana e San Giovanni, che si governano assai bene, che non devono un tornese di attrassato [arretrato, nel senso di somma dovuta e non ancora pagata], non fa più de 500 fochi [nuclei famigliari] effettivi; tra questi [fuochi], 260 si coprono con donationi fittizie, et fatte a preti et con privilegii militari, cioè huomini d'arme della sacchetta [così detta per via di una sacchetta che i soldati portavano penzoloni davanti alla sella del cavallo], et del battaglione; altri 50 [sono fuochi di] poveri gentil'huomini, alli quali [gli eletti] non fanno pagare; et altri 50 [sono fuochi di] persone fra miserabili, et napolitani, che, con provisione [provedimento] di [Regia] Camera [della Sommaria], non pagano; sicché quelli che effettivamente pagano saranno di 120 case [e/o famiglie], et questa rota volta sempre sopra questi poveri.
Questo inconveniente, per quelli che si coprono con donationi fatte ai preti, è remediabile, perché il Vescovo di detta Città è molto giusto, e bene inclinato, et più d'una volta si è offerto che quando vederà che generalmente pagano, farrà [farà] che li preti si sommettano al dovere; et in tal caso si potrà praticare con li clerici il decreto della Sacra Congregatione, con li sacerdoti la portione verile, et quando non si venesse in questo giusto, si potrà ordinare che, secondo le robbe denuntiate in catasto dalli laici, donate alli preti fraudolenter [in modo fraudolento], che detti laici pagano per testa quello che hanno donato, et questo si è praticato in molte università del Regno.
Per quello [che] tocca alli soldati già sta stabilito per prammatica nella tassa per il donativo corrente, che facendosi osservare si leva ogni dubio.
Per quello [che] non pagano li poveri gentil'huomini per la Regia Camera [della Sommaria], sta stabilito quello che devono pagare; e cossì si potrà arregolare, ma non pagare niente, come fanno al presente [e faranno] tra poco.
Per li napolitani et forastieri è necessario che accatastano le loro robbe, et che pagano come buoni tenenti, e farli pagare per appresso, et anco per lo passato, ché si questo si esegue è di gran utile alla Città.
Vi è di più, e di gran consideratione, che in detta Città non si vedono mai [i] conti di chi ha administrato, et administra le intrate di detta Città, ché quando questo si farà se ne spera gran sollevatione per detta Città, oltre che, mettendosi questo in cammino si osserva quello che in tutte le università si fa, né vi sarà tanta folla per essere eletto.
Ordinare che si osservano [osservino] le prammatiche e stato del signor Reggente Carlo Tappia [o Tapia, reggente del Consiglio del Collaterale], che vi sia il casciero [cassiere], che vi sia un cancelliero idoneo, che tenga uno archivio, a ciò le scritture non vadino così disperse, come al presente.
Saria anco espediente di dare una nuova forma di governo in destinare un numero de 30 persone di tre sorte di conditioni a ciò [che] tutti ci habbiano parte, li quali siano de reggimento di detta Città, e non che li parlamenti si facciano da tutti, che è una gran confusione, e sempre si conclude quello che vonno doi [due] o tre bravi.
Et in conclusione de' tanti desordini, et incovenienti, n'è nato che detta Città è fatta impotente, non perché sia deminuita [diminuita] de' fuochi, o cittadini, come l'altre, ma [perché] più presto [ne] è agomentata [aumentata]; ma [l'impotenza] è nata dalli disordini suddetti di modo che le gabelle si vendono la metà di meno da pochi anni in qua, le impositioni le pagano quelli pochi, quello che si esigge [esige] va per promissioni delli esattori, che sono grossissime, da 25 i 30 per cento [%], e sono più libri in Caiazzo che ucelli [uccelli] al Cielo, e questo è gran inconveniente; quello poco che resta va in altre spese ordinarie.
E finalmente se li cittadini, con la solita pertinacia, et mala intentione, non volessero dare camino [cammino] alli espedienti suddetti, in tal caso conviene levare il maneggio a detti cittadini, et fare sequestrare tutti li effetti et intrate di detta Città, con destinare al compito una persona idonea, che governi il peculio e intrate di detta Città, con darli l'auttorità bastante ad eseguire questo carrico [incarico] [e] con darli provisione almeno di 500 ducati l'anno, già che li esattori se ne pigliano molti [di] più.
Così si spera dal signor Reggente [Ettore] Capecelatro [reggente del Consiglio del Collaterale], che sollevi detta povera Città.

[Il 26 novembre 1641 Ettore Capecelatro fu nominato dal viceré, il Duca di Medina de las Torres, proreggente del Collaterale e dalla corte fu poi dichiarato reggente soprannumerario, fino alla morte, avvenuta il 9 agosto 1654 (Musi). Da ciò possiamo dedurre molto verosimilmente che il documento trascritto sia collocabile tra il 1641 e il 1654]

Riferimenti bibliografici

  • Aurelio Musi, Capecelatro, Ettore, Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 18 (1975)
  • Gérard Labrot, Quand l'histoire murmure: villages et campagnes du royaume de Naples, Rome, Ecole francaise de Rome 1995.

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Hinc felix illa Campania est, ab hoc sinu incipiunt vitiferi colles et temulentia nobilis suco per omnis terras incluto, atque (ut vetere dixere) summum Liberi Patris cum Cerere certamen. Hinc Setini et Caecubi protenduntur agri. His iunguntur Falerni, Caleni. Dein consurgunt Massici, Gaurani, Surrentinique montes. Ibi Leburini campi sternuntur et in delicias alicae politur messis. Haec litora fontibus calidis rigantur, praeterque cetera in toto mari conchylio et pisce nobili adnotantur. Nusquam generosior oleae liquor est, hoc quoque certamen humanae voluptatis. Tenuere Osci, Graeci, Umbri, Tusci, Campani.
[Plinius Sen., "Nat. Hist." III, 60]

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